Regia di Olivia Wilde vedi scheda film
Parte bene questo film, mix di sci-fi e dramma sociale, ma si perde per strada. Nel complesso è guardabile.
Siamo miracolosamente catapultati negli anni '50, presso una piccola comunità residenziale, dove apprezziamo villette lussuose, dai vetri tirati a lucido, col giardino inglese davanti, un posto idilliaco, in cui tutti sembrano appena usciti da uno spot pubblicitario; ogni mattina mentre le donne restano a casa per svolgere le rituali faccende domestiche, i mariti entusiasti, si recano al lavoro, a bordo di auto sportive di grossa cilindrata. Si sa solo che vanno al quartier generale del “Victory Project” a fare non si sa cosa, Alice alias Florence Pugh e Jack ,Harry Styles sono una delle coppie che abita in questa oasi di felicità e ottimismo. Il “deus ex machina” è l’amministratore delegato Frank alias, Chris Pine, visionario aziendale e life coach motivazionale, che segue e dirige ogni aspetto, di questo paradiso artificiale. La vita qui, ancorché monotona, è però serena e tutti i bisogni dei residenti vengono puntualmente soddisfatti dall’azienda. Tutto ciò che si chiede in cambio è discrezione e impegno per la causa di “Victory”. Ma c’è qualcosa che non quadra, una certa Margaret prima accusa la fantomatica azienda per la morte del figlio e infine si suicida, davanti ad un’attonita Alice, mentre degli uomini in tuta rossa rimuovono frettolosamente il suo corpo; dunque si aprono le prime crepe su questo Eden di cartapesta; Alice sempre più perplessa, dopo aver avuto delle inquietanti visioni, indaga. Questo film ha avuto una gestazione molta travagliata, diventando il più chiacchierato della Mostra sbarcata al Lido di Venezia, soprattutto per gli screzi tra i protagonisti. Alla sua seconda prova la regista Wilde, incrementa le sue ambizioni: scene oniriche, set che diventano dei labirinti, inseguimenti in auto; sul piano estetico, non se la cava male, giocando con le simmetrie, creando sequenze memorabili, come quella del cellophane o del ballo inquietante di Harry Styles. Tante le fonti di ispirazione, che non sfuggono, a un occhio esperto di cinema. C'è di tutto: La fabbrica delle mogli, The Thruman Show, Black Mirror, Matrix, Thelma e Louise. Insomma il prodotto cinematografico è derivativo, ma nel complesso si lascia seguire volentieri.
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