Regia di Steven Spielberg vedi scheda film
In apertura, il 75enne regista Steven Spielberg saluta il pubblico occorso in sala e lo ringrazia, avvertendolo che sta per assistere al suo "film più personale". Sammy Fabelman (voluta assonanza con "l'uomo delle favole") è il suo alter ego, il bambino che - nel 1952 - si impressiona andando per la prima volta al cinema a vedere Il più grande spettacolo del mondo di Cecil B. De Mille, dove le persone sono enormi e due treni si scontrano frontalmente. Da allora l'idea di girare film diventa la sua ossessione, coltivata da una madre (Williams) aspirante concertista, ma con qualche venerdì in disordine e invaghita del miglior amico del marito, e da un padre (Dano) ingegnere informatico geniale, comprensivo, gentile, ma convinto che il figlio - primogenito con altre tre sorelle - dovrebbe frequentare l'università. Tra continui traslochi per il lavoro paterno, il bullismo subito a scuola e il primo amore, la storia prosegue fino a quando un giovanissimo Fabelman/Spielberg non entra nello studio di John Ford.
Annunciato pomposamente come il nuovo capolavoro del regista di Cincinnati, The Fabelmans si aggiunge alla lunga lista di film autobiografici che, dai tempi de I 400 colpi di Truffaut e di 8 e ½ di Fellini, si è recentemente infittita, fino quasi a diventare un genere a sé: basterebbe pensare a Belfast di Branagh, a È stata la mano di Dio di Sorrentino o a Forever Young di Bruni Tedeschi. Rispetto a questi ultimi tre, qui siamo una spanna sopra, poiché la capacità di raccontare di Spielberg è da sempre il pezzo forte della sua cifra autoriale. Così come il centrifugato di buoni sentimenti, didascalie e retorica sono gli elementi da cui - tranne in rare occasioni - Spielberg sembra non riuscire ad affrancarsi in alcun modo. Finisce allora che le parti migliori del film stiano nelle sottotrame - il rapporto della madre con lo 'zio' Billy, gli episodi di bullismo subiti a scuola - più che in un interminabile racconto (quasi due ore e mezza) di come, col tempo, sia aggallato quel talento che avrebbe portato Spielberg a diventare uno degli uomini più influenti di Hollywood.
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