Regia di Steven Spielberg vedi scheda film
Sammy.. ehm scusate... Sam (solo l'adorata madre può chiamarlo Sammy) rapito dal cinema fin da bambino, coltiva per la settima arte una vera e propria predilizione, per non dire ossessione, tanto che appena adolescente comincia a girare i suoi primi film. Quella che dallo stesso Spielber è stata definita una semi-auto-biografia porta fin dal titolo qualcosa di magico: The Fabelmans che potrebbe (erroneamente) essere tradotto come "l'uomo delle favole". E di magico vi assicuro che non ha solo il titolo! Tutto l'amore che un regista ha per quel mondo in cui spesso tende a perdersi, che ama costruire attraverso la sua immaginazione, è condensato nell'ultima pellicola di Steven Spielberg che è piaciuta talmente tanto che ormai (quasi) tutti gridano al capolavoro, eppure... qualcosa che non torna c'è.
In un momento post-pandemia, in cui le idee degli sceneggiatori sembrano ridondanti e prive di attrattiva, riuscire a catturare il pubblico con un film su un ragazzino cinefilo degli anni cinquanta, nel bel mezzo di una crisi familiare, della durata di oltre due ore e mezza, ha del geniale; proprio come ogni film di Spielberg che parte da una storia per così dire semplice e che man mano si arricchisce di dettagli personaggi e situazioni che finiscono per renderla indimenticabile.
Grazie anche ad un cast ben costruito, su cui spicca per bravura e intensità Michelle Williams nei panni di Mitzi, mamma del protagonista, artista e infelice (connubio imprescindibile), tanto quanto David Lynch, più che convincente nel ruolo di John Ford, non è però da meno neanche Judd Hirsch nel fenomenale cameo di uno zio piuttosto esuberante, per non dire pazzo, che sprona Sam a inseguire i suoi sogni, Spielberg, con la maestria più assoluta, catapulta lo spettatore negli anni cinquanta, all'inseguimento del sogno americano, proprio quel sogno che sarà la rovina dei Fabelman quando li costringerà a continui spostamenti lungo la costa degli Stati Uniti.
Ed è proprio durante questi continui cambi di ambientazioni, di dimostrazioni di vita vissuta e sentita, di emozioni che dovrebbero colpire come un pugno allo stomaco che l'indifferenza emotiva che invece attanaglia lo spettatore, lascia perplessi e quel qualcosa che non torna di cui sopra, ritorna a palesarsi tormentando non solo la visione ma anche il successivo periodo di assimilazione.
Nonostante questa mancanza non poco grave, The Fabelmans resta un film da cinema, da vedere assolutamente in sala, per coglierne la magia assoluta che regna per l'intera visione e che ci permette di rinnovare l'amore per Steven Spielberg e per il cinema.
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