Regia di Steven Spielberg vedi scheda film
Anche Spielberg cede alla tentazione autobiografica con un film che rievoca la sua infanzia e adolescenza e le vicende della sua famiglia, che a conti fatti risulta uno dei più vividi e sentiti da lui realizzati negli ultimi vent'anni. Il regista dipinge un microcosmo familiare a partire dagli anni 50 in cui spicca il suo alter ego Sammy, giovane aspirante filmmaker di origine ebraica, la relazione intensa con i genitori, con il padre ingegnere sempre premuroso e un po' invadente e una madre pianista dagli umori altalenanti, che mentre sembra dedicarsi con convinzione alla causa della sua famiglia, finisce poi per ritrovarsi in una relazione parallela col migliore amico del marito; Sammy intanto cresce, prova gioie e dolori del set a livello amatoriale, e forse al suo trasferimento in California saprà fare tesoro di tante esperienze personali e trovare infine la sua strada, dopo un improbabile incontro col maestro John Ford. Film di ampio respiro, narrativamente strutturato come un romanzo di formazione che potrebbe risultare deja vu ma sorprende per ricchezza di invenzioni, freschezza nella rievocazione ambientale e vivacità nell'alternanza di episodi ora buffi ora più malinconici e toccanti. La sceneggiatura di Tony Kushner e dello stesso Spielberg analizza in profondità i caratteri e le loro motivazioni, costruendo personaggi sfaccettati e verosimili; il ritmo è spesso sostenuto grazie ad una regia che ripropone il meglio di cinquant'anni di cinema, filtrato da una consapevolezza tecnica e umana che lo pone ormai fra i Classici del cinema americano contemporaneo. Ottimo il cast in cui domina una luminosa e cangiante Michelle Williams, qui ad una delle sue performance più sensibili e sofferte, che forse riuscirà a strappare il tanto agognato Oscar; di forte risalto anche la recitazione sobria e trattenuta di Paul Dano nella parte del padre, e una bella scoperta questo Gabriel LaBelle come alter ego di Steven, fra l'altro abbastanza somigliante fisicamente e capace di modulare lo sconforto dell'abbandono come la gioia delle proprie conquiste personali. Un graditissimo evento alla Festa del Cinema di Roma, con un regista che a 75 anni sa reinventare il proprio Cinema senza rinunciare né all'emozione né allo spettacolo; un Amarcord che risulta più incisivo e intelligente di quelli recenti di molti suoi colleghi, che hanno un po' inflazionato il genere. In definitiva, per i detrattori del regista l'occasione perfetta per ricredersi, soprattutto per constatare che di buonismo ne è rimasto veramente poco.
Voto 9/10
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