Regia di Daniel Roher vedi scheda film
Nel 2017 Alexey Navalny è il maggior oppositore politico di Vladimir Putin. Più cresce il suo consenso e più Putin sembra irrequieto davanti alla possibilità di trovarsi di fronte al prossimo presidente russo. Il 20 agosto 2020, in aereo nel tragitto da Tomsk a Mosca, Navalny, si sente male, sarà solo un atterraggio d’emergenza a salvargli la vita.
Il bellissimo documentario di Daniel Roher parte proprio da lui Alexey Navalny, avvocato 41enne, grandi occhi blu e un sorriso onnipresente, e lo colloca davanti alla cinepresa poco tempo prima del suo rientro in Russia dalla Germania, dove era in cura per gli effetti dell’avvelenamento, il 17 gennaio 2021, giorno del suo arresto tuttora in atto, l’uomo infatti è detenuto perché accusato di appropriazione indebita, ma questa è un’altra storia.
La storia che Roher racconta invece per bocca di Navalny è quella che riguarda il suo avvelenamento in aereo che lo ha portato alle soglie della morte. Convinto che l’ordine di togliergli la vita sia partito direttamente dal Cremlino, l’avvelenamento è stato causato da una nuova variante del Novichok, la tossina di produzione russa che tra le altre cose è stata usata per avvelenare l’ex spia russa Sergei Skripal a Salisbury, nel Regno Unito, Navalny costituisce una rete di persone e un gruppo di testate internazionali, tra cui il sito di giornalismo investigativo Bellingcat, la CNN, il sito russo The Insider e la rivista tedesca Der Spiegel, con la collaborazione del País, ed inizia ad indagare sull’accaduto.
L’inchiesta del team di testate internazionali riesce a svelare diversi dettagli: sostiene infatti che agenti dell’FSB (Il Servizio federale per la sicurezza della Federazione russa) che facevano parte di un gruppo clandestino specializzato nell’uso di tossine e sostanze velenose (un centro di medicina legale fondato ai tempi del KGB) seguivano Navalny e la sua famiglia fin dal 2017 e sarebbero stati quindi loro ad essere implicati nell’avvelenamento; scoprono inoltre che potrebbero esserci stati altri tentativi di avvelenamento, compreso uno poche settimane prima di quello di agosto; e che il gruppo sarebbe stato organizzato e guidato da ufficiali dell’FSB di alto livello, soltanto due ordini di comando sotto al presidente russo, Vladimir Putin. Il governo russo ha ovviamente sempre negato ogni responsabilità ma le prove a supporto di questa tesi sono a dir poco agghiaccianti.
Il lavoro di Roher è meticoloso e preciso, i fatti sono narrati in modo nitido e comprensibile, tutto è talmente trasparente che la crudeltà di gesti e pensieri è lancinante come una morsa allo stomaco. La commozione, generata dalla rabbia dell’impotenza, non riesce a liberare dall’angoscia e l’amaro in bocca che resta dopo la visione è solo la conferma che siamo di fronte ad un film carismatico e potente.
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