Regia di Don Siegel vedi scheda film
Film bellissimo e inquietante e, per l’epoca (1971), anche molto coraggioso, non nascondendo aspetti della realtà che solo a partire dagli anni ’80, fra mille difficoltà, avrebbero trovato il loro spazio sullo schermo. Da vedere, in attesa del remake di Sofia Coppola!
Con il bizzarro titolo La Notte brava del soldato Jonathan era stato presentato nel 1971 nelle sale italiane questo film firmato Don Siegel, tratto da un romanzo di Thomas P. Cullinan, intitolato, a sua volta A Painted Devil*.
Il soldato Jonathan (Clint Eastwood) aveva combattuto nell’esercito nordista durante la guerra civile americana; ferito, forse gravemente, era stato ritrovato in pieno territorio sudista, nel bosco dove la dodicenne Amy stava raccogliendo i funghi per il pranzo al collegio femminile da cui si era allontanata e a cui, ora, lo avrebbe accompagnato nella speranza che Miss Martha Farnsworth (Geraldine Page), la severa proprietaria della scuola, se ne prendesse cura. Era stato accolto con molta diffidenza all’interno della struttura educativa nella quale tutte le donne che vi risiedevano, dalle studentesse a Edwina (Elizabeth Hartman), l’insegnante di francese, a Miss Martha, fino alla schiava nera disperata di ogni possibile riscatto, erano convinte sostenitrici della secessione sudista: ricoverare un soldato nemico era molto pericoloso per tutte loro, che, già esposte ai rischi di un’incursione delle truppe nordiste, sarebbero diventate facile preda, per il loro tradimento, anche dei soldati sudisti di passaggio. Sotto quest’aspetto, Sudisti e Nordisti si equivalevano: la guerra, fin dalla notte dei tempi, richiede disumani sacrifici e scatena i più diversi appetiti, facendo emergere gli istinti predatori dei soldati, il cui transito lascia ovunque strascichi molto penosi, alimentando l’odio e il desiderio di rivalsa. Jonathan non era diverso dagli altri, ma sapeva come sfruttare, a proprio vantaggio, l’urbanità e i bei modi che sembravano provenirgli da un’ottima educazione e da una nobiltà d’animo non comune. Egli si era lasciato docilmente curare e, in seguito, accertatosi di esserere il solo maschio presente in quella scuola, era riuscito a guadagnare la fiducia delle donne che lo attorniavano, essendosi rivolto con le parole giuste a ciascuna di loro. La sua bellezza, poi, aveva conquistato il cuore di molte, ciò che avrebbe scatenato le rivalità e le gelosie all’origine della sua rovina. Egli aveva dunque sottovalutato la ferocia femminile, confidando un po’ troppo sulle capacità seduttive delle sue parole lusinghiere e del suo corpo, neppur troppo “oscuro oggetto del desiderio” comune, reciprocamente taciuto, ma universalmente noto o sospettato.
Nel film, condotto con un crescendo di tensione che potrebbe quasi apparentarlo a un noir, si delinea una vicenda oscura e terribile, con tratti di morbosità, costruita, con grande finezza psicologica, seguendo i percorsi che avevano portato le donne e il bel soldato Jonathan ad avvicinarsi e in seguito ad allontanarsi tragicamente: “la notte brava” era stato l’inizio della fine di quel rapporto di fiducia guardinga (perdonate l’ossimoro, ma non saprei definire meglio l’ambiguità del comportamento reciproco) che aveva legato per qualche tempo l’uomo ferito alle donne intristite e inaridite dall’isolamento e dall’inibizione di ogni prospettiva amorosa, ma per lo più ansiose di salvaguardare il buon nome dell’istituzione a cui per ora dovevano protezione e sostentamento. Era stato, infine, il rovesciamento delle sorti della guerra a mutare il destino di tutti, mostrando la brutalità arrogante anche di Jonathan, il vincitore, che, seppure compromesso nella propria integrità fisica, aveva subito presentato il proprio conto, offrendo il fianco alla temibile alleanza delle donne umiliate e offese.
Il film, che si apre e si chiude circolarmente con i colori sbiaditi della fotografia che solo a poco a poco si ravvivano nel racconto, connotando anche temporalmente la distanza del regista, è bellissimo e inquietante e, per l’epoca (1971), anche molto coraggioso, non nascondendo aspetti della realtà che solo a partire dagli anni ’80, fra mille difficoltà, avrebbero trovato il loro spazio sullo schermo.
Vorrei soffermarmi, brevemente, sul gioco dei titoli, che in parte tradisce diverse interpretazioni della storia narrata: The beguiled, il titolo originale del film, indicherebbe che qualcuno è stato ingannato. Chi? Lo spettatore potrebbe scoprire, secondo me, che ingannati sono stati tutti i personaggi che si erano, in certo modo, illusi. Il titolo italiano, non privo di una certa verità, invece, parrebbe puntare soprattutto sulla stoltezza colpevole del soldato Jonathan, inevitabilmente vittima della propria presunzione: se l’era cercata, dunque, secondo un modo di pensare tenacemente radicato nelle menti di troppi nostri concittadini!
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*Pubblicato per la prima volta in Italia da pochi giorni, anche in edizione elettronica, col titolo L’inganno dalla casa editrice DEA Planeta
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Quando l'avrò visto, potrò chiarirmi le idee; per ora non mi pronuncio, se non per le perplessità che mi suscita Colin Farrel, visto nei trailer e francamente poco entusiasmante. Il film, però, potrebbe smentirmi. Vedremo... Grazie a te.
cara Lilli, io ti leggo con alle spalle la sequenza contraria: ho visto da poco il film della Coppola, che tra l'altro mi è abbastanza piaciuto, e mi chiedevo come fosse l'originale; ho come l'impressione che - da come lo descrivi - l'andamento thriller (quasi un noir, suggerisci) si sia molto diluito con il tocco delicato della Coppola, attenta più agli aspetti psicologici della relazione (e nella mia recensione ho anche dato la mia interpretazione del titolo); comunque mi hai fatto venire voglia di fare un confronto fra le due opere; ciao
Ho visto quello della Coppola e sto scrivendo la recensione, ma io ci metto sempre molto perché devo vedere, pensare, ripensare e scrivere. Sono perfezionista: non mi va di scrivere di getto; d'altra parte non sono giornalista e perciò non ho alcuna fretta.
Certo, dopo questo, vedere il film della Coppola fa un po' l'effetto del brodino offerto a chi è abituato ai piatti forti. Sto pensandoci e contemporaneamente anche leggendo il romanzone (450 pagine) da cui entrambi i film sono tratti. Non penso che si possa utilizzare il romanzo per interpretarli, né che sia corretto farlo, perché il cinema e la kletteratura usano linguaggi diversi; tuttavia, proprio perché i due film usano il linguaggio del cinema, penso che sia impossibile non metterli a confronto, anche se le diverse personalità dei registi va tenuta presente. A presto .Ora vado a leggere il tuo giudizio.
P.S. .....le diverse personalità dei registi vanno tenute presenti. Correzione da perfezionista! :)
Ho letto con interesse questa tua bella recensione del film di Don Siegel che gli rende sicuramente giustizia... Io l'ho visto anni fa quando nessuno sospettava che ne avrebbero fatto un remake, quindi il confronto tra i due film mi sfugge in un certo senso, anche se mi accorgo di averli valutati alla stessa maniera con 4 stelle, comunque questa è stata l'impressione a caldo. Credo che Clint Eastwood e forse anche Geraldine Page abbiano dato interpretazioni più sfaccettate rispetto ai colleghi del film della Coppola, e ricordo il film del 1971 come più onirico e visionario nel complesso, forse più vicino alla pagina scritta come dici anche tu che stai leggendo il romanzo. Fra l'altro questo Thomas Cullinan non l'avevo proprio mai sentito nell'ambito della letteratura americana contemporanea. Ma sai quando si leggono certi libri e poi si vedono i film l'impressione non può essere mai la stessa... Io per esempio lessi Qualcuno volò sul nido del cuculo è anche se il film è molto bello, non rende certe peculiarità della pagina scritta, lì la storia era narrata in prima persona dal capo indiano è questo produceva un effetto ben diverso da quello del film, e anche se la trama è più o meno la stessa, l'impatto emotivo era differente e credo che il film abbia cercato di "normalizzare" una scrittura che si prendeva molti rischi con il lettore. Scusa la digressione ma questo è anche per dire che il cinema finisce sempre per cambiare le carte in tavola anche negli adattamenti ritenuti più fedeli. Siegel era un grande regista quindi non mi sorprende che abbia realizzato un film giustamente lodato, la Coppola a mio parere ancora non ha raggiunto la maestria del collega comunque ci ha dato una versione che pone l'accento sulla percezione delle varie studentesse e direttrice del collegio forse approfondendo l'analisi psicologica e tenendosi rigorosamente sulla costruzione di immagini pittoriche e raffinate. Ciao!
Scusa se mi permetto una postilla, ma scrivendo dal cellulare per ragioni di comodità questi commenti, mi si inserisce un correttore che mi fa automaticamente sbagliare tutte le è congiunzione che lui mi mette con l'accento è quindi sembro pure ignorante della grammatica italiana... perdona la futilità di questa osservazione, ma desideravo difendermi. Ciao
I traduttori automatici sono la prova che non ci si può troppo fidare delle macchine, lo so bene, perciò non ti preoccupare. Neppure io conoscevo l'autore del romanzo da cui sono nati i due film, perché quando è comparso da Feltrinelli, li avevo già entrambi recensiti. Né in ogni caso, avrei messo a confronto i due linguaggi così diversi. La lettura, però, chiarisce meglio l'enorme lavoro di interpretazione di Siegel, trattandosi, come ti ho scritto nel commento a L'inganno, di una singolare narrazione che destruttura ogni diacronia e ogni linearità, facendo prevalere i punti di vista diversi delle donne implicate nella vicenda, che diventano le protagoniste, una per ogni capitolo, di un pezzo della storia, su cui tornano ancora e ancora ma molti capitoli dopo.Su questo il regista ha costruito la sua storia, limpida e lineare. Sulla versione Coppola non ti dico altro, perché ti ho già chiarito il mio pensiero. Ciao e grazie!
Recensione ricca ed esauriente per una pellicola bellissima e inquietante (ti faccio eco) a cui solo i primo anni '70 avrebbero potuto dare i natali. Il remake della Coppola ancora mi manca, ma così a occhio e croce, fatto lo scarto tra Don Siegel (uno dei miei favoriti) e Sofia Coppola (ottima agli esordi ma in calando continuo (e precoce)) e soprattutto tra Clint Eastwood e Colin Farrell direi che le chances per la nuova versione sono risicatissime.
A proposito del titolo invece, mi permetto di obiettare: l'intenzione del titolista di casa nostra di quel periodo era semplicemente quella di creare "pruriti" all'incauto spettatore, perché qui di "notti brave" io davvero non ne ho scorte.
Un saluto e complimenti ancora per la bella recensione,
Marco
Grazie mille per i complimenti. Le intenzioni dei titolisti probabilmente erano quelle che tu indichi, conoscendo la logica un po' grossière che li ispira da sempre. Certo ce ne vuole perché L'inganno diventi... una notte brava. Avevo cercato di giustificarli, in certo modo, ma forse non era il caso. Film bellissimo, non paragonabile a quello della Coppola: paragone impietoso. Per noin parlare di Colin Farrell. Un saluto anche a te.
Lilli
Il mio commento è molto breve e se vuoi anche banale.
Hai votato quasi 700 film e le ***** sono andate, se non ho sbagliato, a 19 titoli, non tanti. Mi avrebbe fatto piacere che con Jonathan fossi arrivata a 20.
Siegel fu un grande, grandissimo, regista ma siete quasi tutti frenati nel riconoscerlo. Non è questo l'unico caso.
Franco, non voglio assolutamente amareggiarti e passo a venti, arrotondando le quattro stelline e mezzo, attribuite non per avarizia, ma per prudenza: di solito è la ragione per la quale non largheggio. Un caro saluto. Lilli
SEI UN TESORO!
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