Regia di Maria Schrader vedi scheda film
CINEFORUM IMPERIA
Il film racconta le vicissitudini di due tenaci giornaliste del New York Times, Megan Twohey e Jodi Kantor, volte a portare alla luce lo scandalo delle prevaricazioni sessuali che da decenni si annidava incontrastato e impunito, tra le strutture delle maggiori majors produttive degli studios cinematografici.
Una accurata ricerca che le ha portate a valicare anche l'oceano per indurre molte malcapitate donne oggetto di violenze sessuali e abusi di potere a venire allo scoperto, ha consentito la pubblicazione di un articolo che, per la prima volta, denuncia decenni di accuse di abusi sessuali perpetrati senza sosta né ritegno dal magnate hollywoodiano Harvey Weinstein.
Un pezzo che pose le basi per la costituzione del noto movimento di denuncia conosciuto universalmente come col nome di Me too, scelto proprio per enfatizzare l'importanza dell'atto di denuncia che ha consentito alle vittime, gradualmente e non senza difficoltà ed umiliazioni, di portare alla luce un fenomeno vergognoso di ricatto sessuale, psicologico, fisico come morale.
Dalla regista tedesca Maria Schrader militante ed attiva in materia di tematiche scottanti come la salvaguardia dei diritti lesi a scapito di minoranze e substrati sociali deboli, She said, superficialmente tradotto come "Anche io" dalla nostra distribuzione (a questo punto sarebbe apparso più efficace restare sulla trascrizione ufficiale del nome del movimento, ovvero "Me too"), ha dalla sua un cast coeso e convincente in cui svettano Carey Mulligan e Zoe Kazan, donne insieme determinate e fragili costrette a compendiare momenti di vita come la maternità che le rende, con sfaccettature sempre differenti e complesse, particolarmente nevralgiche e in balia degli eventi, laddove al contrario si ritrovano tenacemente coese per la salvaguardia di una verità per troppo tempo scoraggiata e osteggiata da poteri forti ed intrighi/complotti odiosi ed inaccettabili.
Il film ha il gran pregio di scorrere bene, indignare quanto basta, e lasciarsi guardare tutto d'un fiato, forte di un cast in cui si riconoscono star di livello come Samantha Morton e Patricia Clarkson, mentre altre attrici vittime dell'odioso ricatto sessuale, come Ashley Judd o Rose McGowan, fino anche a Gwyneth Paltrow, accettano di farsi menzionare e anche di apparire (la Judd in particolare) in stralci documentaristici in cui denunciano in prima persona le violenze subite. Forse manca un po' di genuinità, a scapito di una professionalità indiscutibile che tende a creare un sentire di asetticità poco consono alla scottante tematica.
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