Regia di Jordan Peele vedi scheda film
Horror come architettura dell'immaginario.
Nope è un incredibile saggio sull'immagine in cui avviene un ribaltamento dello sguardo cinematografico e dell'iconografia orrorifica: basti pensare a come l'extra-ordinaria visione di Jordan Peele ribalti la cultura di massa trasformando in un predatore extra-terrestre quello che tutti considerano e riconoscono solitamente, fino ad all'ora, come un disco volante, un Ufo, riscrivendo, appunto, l'immaginario collettivo; basti pensare, ancora e soprattutto, come solitamente nei film l'antagonista alieno risulti essere un'orribile creatura guardata e ripresa dal mondo intero, mentre in Nope, invece, l'alieno è in realtà una creatura leggiadra, armoniosa e bella che - per assurdo vista anche l'estetica - non può essere guardata e ripresa. Si pensi, ancora, anche all'emblematica (e spielbergiana) sequenza in cui il protagonista ha la mostruosa(?) creatura sopra la testa, ed uscendo dall'auto, al posto di guardare verso l'alto, come avverrebbe in qualsiasi altra identica situazione, nonché in qualsivoglia film, che vedrebbe mostrare la creatura in una potenziale scena catartica, il protagonista invece rientra in macchina, tiene lo sguardo basso e dice "nope". Ribaltamento, quindi, sotto ogni punto di vista da quando si è iniziato a discutere del suddetto argomento. La catarsi, di conseguenza, non avviene attraverso lo sguardo diretto dei protagonisti, ma inevitabilmente avviene, nel finale, attraverso uno sguardo-altro, che oggi paradossalmente è l'unico sguardo (im)possibile, ricettacolo dello sguardo collettivo, impellente, real(ity): lo sguardo filtrato da uno schermo, da una mdp, da una fotocamera, da una fotografia, da un virtuale occhio-che-uccide (to shot). E il suddetto scatto, to shot, che spara e cattura in maniera definitiva l'alieno, come si fosse in un western metacinematografico, parte dal basso, da giù, dall'origine, dal profondo nonché dal passato & dal ventre, buio e uterino [è una donna, ora, la protagonista!], del cinema, da cui (ri)nasce la prima serie di fotografie e immagini che danno poi luogo ai film(ati), come ad esempio quello (nope) "originale" del primo fantino nero a cavallo, che riprende e ri-prende vita out yonder, risultando immortalato, come l'alieno, per sempre; risultando riscattato e ri-scattatto. Tutto ciò, come scritto in precedenza, avviene laggiù, ancora out yonder, proviene e scaturisce dal nope, d'al di sotto, da(l) dove non-guardano i protagonisti del film, dal nero uterino, occhio che spara e cattura e, come scritto poc'anzi, fa sì che la vita venga ripresa e ri-presa e le immagini riscattate e ri-scattate. Dal buio in cui effettivamente e funzionalmente possono brillare le stars. Altrimenti con la luce le stars non si vedono e non si filmano. Le stars del filmamento. Ecco, sì, ora più che mai l'efficacia della parola ribaltamento; il tutto che avviene upside-down, al contrario, quindi oltre - o sotto - lo schermo, al di sotto dell'Immagine; come se provenisse dall'occhio dello spettatore, che è l'unico, in fin dei conti, che dall'inizio alla fine può guardare il (bellissimo) mostro. Tendenzialmente, tra l'altro, dal basso verso l'alto se si pensa all'impostazione di una sala cinematografica. Infatti, per assurdo, è solo lo spettatore che può tenere sempre lo sguardo verso la creatura, che può catturarla e ammirarla - e, in un certo senso, "creaturarla" - costantemente in tutta la sua mostruosa bellezza, che può, quindi realmente, guardare; lo spettatore cinematografico che, ovviamente, per antonomasia, sta guardando a sua volta, comunque, uno schermo, una ripresa, un filmato, un video, un film (un documentario, un found footage...). Stessa condanna che spetta, appunto, ai personaggi dell'opera del regista statunitense. Nope! Non si guarda! Se non tutto attraverso uno schermo, Ecco che Nope risulta essere un film per-lo-spattatore. Uno dei soli possibili oggi. Infatti, anche per tutto ciò elencato sopra, risulta essere una sorta di controcampo di Cloverfield, poiché se nel film di Reeves si filmava l'atto del non-visto, qua si film l'atto stesso del non-guardato, se non esclusivamente filmato. E la seminalità dell'operazione rimane solo potenziale. Ribaltata, appunto. Un Cloverfield ribaltato. Un horror ribaltato. Un capolavoro ribaltato.
E a proposito del discorso centrale riguardante ciò che "non può essere guardato", e quindi in un certo senso su ciò che non può e non vuole essere filmato [si permetta anche il fatto che, in un'epoca in cui tutti vogliono apparire ed essere filmati, ci si ribelli, finalmente, verso tale urgenza, nonché istanza sociale!], la sequenza della scimmia risulta esplicativa ed emblematica, poiché, come l'alieno, anche lei non può (e non vuole!) essere filmata, infatti durante una messa in onda di una serie televisiva in cui era presente Gordy, avviene un massacro per mano di questa e, guarda caso, il video di quel massacro si trova su YouTube [il filtro, lo schermo...], ed è solo lì che, volendo, si potrebbe vedere ciò che è accaduto realmente. Ancora una volta, quindi, tramite uno sguardo-altro, una superficie. Uno schermo. Notare infatti che quando il pov è del cinese protagonista della sopracitata serie, ovvero quando lo spettatore vede direttamente con lo sguardo di Ricky, in realtà il pubblico, ovvero Noi (Us) non vediamo il massacro. Piuttosto lo immagini-amo.
E rimanendo ancora sul discorso "scimmia", impossibile non pensare alla Monkeypaw productions, ovvero la casa di produzione di Jordan Peele, richiamata più volte, attraverso un brillante e sottile cortocircuito metacinematografico, dalla serie tv presente nel film con protagonisti Ricky e appunto Gordy, come se il filmmaker americano volesse, per l'ennesima volta, creare un discorso cinematografico totale e totalizzante, giocando in maniera arguta e stimolante col pubblico. Tra l'altro, Monkeypaw come appunto quella zampa di scimmia insanguinata che tramite un gesto di complicità tocca la mano (dello spettatore!) di chi sta assistendo a quello spettacolo, ovvero a Ricky. Cinema e spettatore si incontrano e (finalmente!) giocano insieme.
E rimanendo ancora sul binario del parallelismo tra creature-altre, ovvero tra scimmia e alieno, si pensi al fatto che, quando davanti a Gordy si nomina la giungla, quest'ultima impazzisce e diventa furente, come a rimarcare la propria territorialità, come l'alieno che, secondo Otis Haywood Jr., si sente minacciato e quindi attacca furente, compiendo massacri, poiché rivendica la sua territorialità, credendo che quella, quel posto, sia, appunto, casa sua.
Per chi scrive, Nope risulta essere uno dei "film dell'orrore" più stratificati, nonché uno dei più interessanti e stimolanti, degli ultimi anni; uno dei film teorici più importanti, funzionali ed intelligenti sul XXI secolo.
Come fosse l'Holy Motors dei blockbuster; l'Adieu au Langage dei monster movies. Un'opera(zione) che rende, in maniera esemplare, la liminalità filmica post-moderna.
E Jordan Peele si conferma uno degli autori contemporanei con più inventiva e creatività.
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