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Avatar: La via dell'acqua

Regia di James Cameron vedi scheda film

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La recensione su Avatar: La via dell'acqua

di alan smithee
5 stelle

locandina

Avatar: La via dell'acqua (2022): locandina

AL CINEMA

"L'acqua connette tutte le cose: la vita alla morte, la luce al buio".

E ancora:

"Il popolo dice che l'energia è tutta in prestito...e un giorno devi restituirla."

Che James Cameron fosse un regista straordinario era cosa nota sin dai tempi del primo Terminator, riuscendo a migliorarsi di volta in volta, coniugando piacere visivo ad intrattenimento puro.

Dal primo Avatar, ovvero il suo penultimo film, risalente a ben tredici anni orsono, Cameron si è trasformato in un maestoso predicatore di somme verità.

O comunque di idee e pensieri in cui, non può essere diversamente, egli crede con tutto se stesso.

Valori e fondamenti come la famiglia, l'universalità dell'acqua, il bene assoluto che si contrappone ad un male senza sfumature ma sempre uguale a se stesso nella ottusità che lo contraddistingue e definisce.

La famiglia è tutto, da qui non si scappa. L'acqua invece rappresenta, e non certo da questo tardivo sequel, l'elemento che, secondo il credo di Cameron, permette di creare quell'equilibrio perfetto che non teme sopruso o cattiveria di sorta, ed avvolge gli esseri buoni e sensibili come in un grembo materno che offre riparo e conforto.

Ma questo lo sapevamo già dai tempi del ben più stimolante The abyss. In Avatar, la via dell'acqua, i marines cattivi ed avidi riprovano a conquistare Pandora, ma utilizzano una tattica più elaborata rispetto alla prima e fallimentare missione condotta per sfruttare le energie presenti nel pianeta verde a favore di una Terra ormai consunta ed esangue.

I conquistatori ora intendono sfruttare la medesima strategia degli avatar per tentare di integrarsi nel mondo dei Navi, nativi di Pandora e loro nemici giurati.

Le cose si mettono male per il nostro eroe Jake Sully, ex marine integratosi a vivere tra il popolo della figlia del vecchio sovrano deceduto, Neytiri, divenuta sua consorte con la scelta di vivere nell'identità del proprio avatar ed abbandonando il suo infermo corpo da umano, procreando ben tre figli.

A costoro si deve aggiungere una quarta figlia adottiva, nata artificialmente tramite il corpo sospeso tra la vita e la morte della mitica dottoressa Grace.

I quattro ragazzi si imbattono negli avatar dei marines, capitanati da quello del defunto colonnello Miles, ricreato in forma di suo avatar Návi, e scampano ad un agguato per un soffio, grazie all'intervento dei tosti genitori.

Jake capisce che, per non compromettere il suo popolo, lui e la sua famiglia devono fuggire. Troveranno rifugio presso il popolo del mare, decisamente differente da quello delle foreste rappresentato dai Ná vi, e che, non senza una malcelata reticenza, finiranno per accoglierli ed addestrarli alla meraviglia di un mondo marino all'insegna dell'armonia e del più rigoroso equilibrio, perfino più perfetto rispetto alla già armoniosa vita trascorsa tra le foreste natie.

Sam Worthington

Avatar: La via dell'acqua (2022): Sam Worthington

La famiglia prima di tutto, e la capacità di integrazione come secondo comandamento della bibbia ideologica del Cameron predicatore.

Infatti il grande regista è in vena, ora più che mai prima, di farci la predica, e il suo spettacolo appare limpido, semplice fino a oltrepassare l' ingenuità più fanciullesca, che ammicca in ogni particolare della lunga e convulsa vicenda tutta ritmo ed azione, che si lascia certo guardare tutto d'un fiato per oltre tre ore di durata.

"Un padre protegge: è questo che gli dà un senso."

Quello che davvero risulta difficile da comprendere, ora più che mai avendo finalmente visto questo tardivo sontuoso sequel, è il motivo reale, o la eventuale strategia di un grande mago del marketing come è sempre stato Cameron, per cui possano essere trascorsi ben tredici lunghi anni per dare vita ad un sequel che avrebbe avuto molto più senso una decina di anni orsono, quasi a ridosso del film capostipite, o comunque ad una distanza che non oltrepassasse il decennio.

"Il mare dà e il mare prende... L'acqua connette tutte le cose."

Nel film poi ci sono tante altre "prediche": la devastante brama di conquista dell'uomo che distrugge senza vera necessità, e stermina i giganti cetacei chiamati tulkun, quando scopre che possiedono il siero dell'eterna giovinezza attraverso una sostanza chiamata amrita contenuta nel cervello di questa sorta di balene aliene.

E qui il film cita un po' anche Moby Dick, se vogliamo azzardare, con il mostro solitario umanissimo chiamato Paikan, allontanato dal branco, che dà ed ottiene aiuto dalla nostra famiglia di eroi.

Si spazia poi a valori come la perseveranza a non arrendersi e Ancor più alla capacità di adattamento che richiede impegno e umiltà, e allenamento per affrontare differenti atmosfere, o elementi in cui vivere.

Ad un certo punto il grandioso regista si trasforma anche in un guru della medicina alternativa, che cura più efficacemente della medicina scientifica dei malvagi terrestri, in un universo ove buono e cattivi si rifiutano per principio di manifestare sfumature che non li caratterizzino in modo unilaterale e monocorde: o bravi fino in fondo, o cattivi senza soluzione di sorta. Come in un fumetto; come in una favola.

Kate Winslet, Cliff Curtis

Avatar: La via dell'acqua (2022): Kate Winslet, Cliff Curtis

E nel suo forsennato racconto morale, per Cameron nessun mostro della natura, a qualsiasi universo esso appartenga, può apparire più gratuitamente spietato ed avido in confronto alla cattiveria che alimenta il comportamento della specie umana.

"Tranquillo bro" si apostrofano i Návi fratelli, perché in fondo l'umanità è malvagia negli istinti, ma lo slang americano è cosa buona e sacra. "Chiudiamola ora!" - dice Jake al suo nemico irriducibile Miles.

E negli ultimi, fragorosi 40 minuti abbondanti, Cameron non rinuncia a riproporci addirittura la lunga scena dell'agonia con affondamento del Titanic. Insomma Cameron si cita a ripetizione (ci sono anche le macchine animate da esseri umani come quella di Ripley in Aliens), sentenzia, predica in un film girato in modo impeccabile, in cui si può pure citare uno per uno il nome degli attori coinvolti.

Ma che sia stata scritturata Kate Winslet piuttosto che Sam Worthington, Stephen Lang o Zoe Saldana, o la sempre cara Sigourney Weaver (che per fortuna appare come fantasma in carne ed ossa in un paio di pose), poco importa perché in fondo è quasi impossibile accorgersene. Soprattutto da noi in cui accedere alla v.o. con sottotitoli è un pregio che spetta solo ai pochi eletti delle grandi città.

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