Regia di Andy Muschietti vedi scheda film
Ci sono stati diversi momenti nel quale sembrava che questo film non dovesse/potesse più uscire. E invece, sopravvissuto alle follie del suo protagonista Ezra Miller, scampato all’accetta di David Zaslav, il nuovo/ennesimo CEO della Warner Bros., e salvato dall’oblio dai nuovi DC Studios di James Gunn & Peter Safran, The Flash arriva (seppur col fiato corto) finalmente al cinema e ci riesce proprio quando ormai, forse, ha già fatto il suo tempo rappresentando, incolpevolmente, sia la chiusura del vecchio DCEU di Snyder, quando invece avrebbe dovuto rappresentarne (forse) il suo apice, che l’inizio (a dir poco turbolento!) del nuovo e autonomo (ma fino a che punto?) progetto di James Gunn e lo fa con una pellicola a tratti interesante, spesso divertente ma che risulta purtroppo riuscita soltanto in parte, sfiancata dai suoi stessi problemi e figlia del suo stesso caos (produttivo ma anche narrativo con la problematica introduzione, anche in seno DC, del Multiverso).
E il suo arrivo al cinema dopo anni difficili e una schiera impressionante di registi e sceneggiatori avvicendatisi sul progetto - in ordine sparso: James Wan, Phil Lord, Christopher Miller, Seth Grahame-Smith, Rick Famuyiwa, Grant Morrison e, addirittura, Robert Zemeckis (e la cosa, incredibilmente, avrebbe avuto anche un senso) – prima di venire affidato definitivamente al regista Andy Muschietti (la saga di It) e agli sceneggiatori Christina Hodson (Birds of Prey, Bumblebee) e Joby Harold (Transformers: Il risveglio, Army of the Dead), senza contare poi la direzione non propriamente coerentissima con l’ormai defunto DC Extended Universe, fa assomigliare The Flash più a un sopravvissuto di Spiderman: No Way Home che non a un cinecomic DC.
La colonna sonora è invece di Benjamin Wallfisch (L’uomo invisibile, IT)
Pur prendendo spunto da Flashpoint, run fumettistica del 2011 di Geoff Johns & Andy Kubert che ha dettato le basi per New 52, l’ennesimo remake fumettistico dei titoli DC Comics, The Flash attinge però maggiormente dalla semantica e dall’immaginario del seminale Ritorno al Futuro di Robert Zemeckis, seminando citazioni tra le diverse scene (vedi l’insistenza su Eric Stoltz/Michael J. Fox come protagonista del film o l’esperimento con il fulmine, anche con una certa atmosfera Shelleyana, per riottenere i poteri e poter così tornare a viaggiare nel tempo) ma sfruttando soprattutto i medesimi nessi strutturali e/o narrativi come, ad esempio, per il 12 novembre 1955 definito come i "punto di congiunzione per l’intero continuum spazio-tempo" e al contempo l’omicidio della madre di Flash, altrettanto evento cardine su cui convergono tutte le diverse realtà incontrate nella pellicola anche con lo scopo di collegare tra loro l’intera tradizione cinematografica (ma anche televisiva) derivata dai fumetti della DC Comics.
"Vogliamo fare i pazzi? D'accordo, facciamo i pazzi!"
Una celebrazione del mondo DC reso attraverso continui inside joke e tantissime strizzatine d’occhio ma soprattutto attraverso il ritorno, graditissimo, del Batman di Tim Burton interpretato nuovamente da un Michael Keaton ancora perfettamente in parte.
Grande presenza scenica (sia in costume che senza), carisma da vendere, la sua presenza però non è soltanto un nostalgico omaggio al passato (commovente poi la ricostruzione di Wayne Manor e della Bat-caverna originale di Burton) ma funzionale al ruolo di mentore e guida del giovane Barry Allen che deve però anche ritrovare sé stesso dopo anni da eremita.
Anche l’introduzione di Supergirl, quarant’anni dopo il film di Jeannot Szwarc dove era interpretata da Helen Slater, ha una funzione simile ma purtroppo viene sfruttata abbastanza male a causa del poco screen time, ed è davvero un peccato perché alla Kara El di Sacha Calle bastano poche inquadrature per conquistarsi la scena grazie a un’innata presenza scenica di un’attrice che sarebbe interessante rivedere nel ruolo.
Sorprendentemente (!?) anche Ezra Miller funziona per entrambi i personaggi (!), sdoppiandosi tra un Barry più maturo e consapevole e una sua versione più giovane e spensierata, dando anche origine a momenti piuttosto assurdi ma conferendo comunque spessore e una certa profondità ad entrambi.
Completano poi il cast graditi ritorni come il Batman di Ben Affleck, Michael Shannon, Kiersey Clemons (ma vista soltanto nella Zack Snyder’s Justice League di HBO) e i camei di Gal Gadot, Jason Mamoa, Jeremy Irons, Antje Traue, Tamuera Morrison oltre ai nuovi Ron Livingston, Maribel Verdù e il giovanissimo Ian Holm.
La scrittura è sinceramente priva di ambizioni particolarmente drammaturgiche, con un concept semplificato ma anche efficace seppur edificata soprattutto sulla commedia, da quella slapstick, molto fisica, fino a quella situazionistica, con batture e dialoghi più intelligenti e in grado di interagire a dovere con le moltissime scene d’azione, una comicità che però non spezza mai il ritmo della narrazione e che si inserisce con disinvoltura in un contesto a volte anche drammatico ma senza mai depotenziarlo troppo, confermando così già in partenza sia i pregi che i difetti dell’intera operazione.
Difetti che purtroppo crollano dinanzi a uno scoglio imprescindibile in un cine comic: gli effetti speciali.
La CGI di The Flash spesso è al limite, arrancando a più riprese e che ne inficiano non solo le scene d’azioni ma anche, e soprattutto, i momenti in cui Flash torna indietro nel tempo o in cui si trova all’interno della “bolla temporale”, tra texture appiattite o eccessivamente plasticose, molto da anni novanta, specie con i volti di certi personaggi ricreati al computer (avete presente il Re Scorpione de La Mummia 2?) riuscendo a rovinare anche dei camei particolarmente attesi, e un’ottimazione grafica che rende piuttosto complicato seguirne l’azione, aspetto questo davvero sconsideratoe considerando un budget complessivo di 200 milioni di dollari o i tempi di lavorazione allungatisi a dismisura causa le diverse problematiche incontrate lungo il cammino.
A complicare il tutto anche la regia invero piuttosto anonima di Andy Muschietti, privo di uno sguardo particolare che cerca di imitare a caso un po' Snyder e un po' Reeves, ma è soprattutto nell’ultimo atto che il regista perde definitivamente il controllo, fin tropo indeciso sia nel tono che nella direzione da prendere in un accumulo artificioso e posticcio di idee poco convincenti.
A questo si aggiunge la natura piuttosto nuvolosa del progetto in relazione alla rivoluzione in opera di James Gunn di cui paradossalmente, soprattutto per quanto detto precedentemente dalla stessa Warner/DC, chiarisce veramente molto poco, se non in maniera addirittura ancora più confusa (vero George Clooney?) o di come tutto questo si potrà mai inserire (e se mai lo farà) nel nuovo DCU.
Ci sarà comunque tempo e modo di parlare di questo, anche perché la mia impressione e che sia ancora troppo presto e nemmeno loro sappiano esattamente quale sia la funzione della pellicola a riguardo e/o di cosa farne in futuro del personaggio e (soprattutto?) del suo interprete.
VOTO: 6
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta