Regia di Emmanuel Mouret vedi scheda film
È l’ultimo film di Emmanuel Mouret ed è ancora in sala. I critici, nel presentarlo, fanno di solito riferimento al suo penultimo film:“Les Chose qu’on dit, les choses qu’on fait” (2020), che in Italia non è mai arrivato.
Una relazione passeggera, dunque, è visibile a tutti, ed è, secondo me, più gradito di quanto si pensi al pubblico – di nicchia? – che segue con interesse il fitto intrecciarsi delle parole degli amanti, che, questa volta, non sembra si siano incontrati per caso: nell’ eterno marivaudage del Jeu de l’amour e du hazard c’era stata, infatti, una scelta femminile.
Charlotte (Sandrine Kiberlain), donna spregiudicata e madre di tre figli, ma senza legami matrimoniali, incontra, grazie a un sito web, Simon (Vincent Maccaigne), uomo sposato e molto legato ai suoi figli e a sua moglie, professionalmente impegnato in un settore della medicina che rimane, come il vissuto di Charlotte, fuori dalla narrazione del film, ciò che viene detto con chiarezza dal titolo originale: Chronique d’une liaison passagère.
Il film, infatti, è la cronaca dei loro incontri amorosi, che il regista segue all’incirca per un anno e mezzo, descrivendo – per frammenti cronologici – l’evolversi della loro relazione, fino al suo esaurirsi.
Charlotte – che da donna libera aveva dichiarato subito il proprio intento di cogliere il piacere d’amore attraverso la smemorata sregolatezza dei sensi, era stata assecondata da Simon, che con minore disinvoltura – a dire il vero il regista lo presenta come uno spaventato e goffo pasticcione – ma con altrettanta sregolata curiosità, aspirava alla conoscenza insolita di quel piacere, rimuovendo da sé ogni senso di colpa.
L’eterno problema di Mouret si presenta ancora una volta: il goffo Simon avrebbe potuto liberamente sottrarsi al bisogno di novità che prima di lui aveva espresso Charlotte? Avrebbe potuto evitare che la loro storia si trasformasse in un rapporto a tre? Avrebbe potuto l’inclusione di Louise (Georgia Scalliet) provocare la fine della liaison originaria e libera?
A queste domande nessuno ovviamente può rispondere; tuttavia lo svolgersi cronachistico del film, ci aveva offerto alcuni indizi della fragilità del patto che legava i due innamorati: il loro cercarsi, in piena primavera, con curiosità insaziabile, aveva in estate ceduto il passo alla stanchezza per diventare ben presto, una malinconica e inutile ricerca dell’antico incanto, quando, i “loro” luoghi sembravano diventati il riflesso della tristezza per la fine di un rapporto che, sciolto da ogni legame, si stava consumando, così come la bella stagione stava morendo…
La complicità sessuale, come accade nella vita, cominciava a chiedere di piu: la necessità di conoscere l’altro, esclusa dal primo momento, rendeva inquieta Charlotte, che aveva voluto – inopportunamente ?- scavare dentro di lui, visitando persino i luoghi del suo lavoro, curiosando fra le sue carte, cercando di scoprirne i segreti progetti…
La realtà dell’amore emerge, perciò, in tutta la sua complessità relegando l’illusione dell’amore assoluto, sciolto da ogni legame di spazio e di tempo, in una dimensione utopica che lascia l’amaro della solitudine nel fluire rapido dell’esistenza, vieppiù ridotta a un percorso ormai privo di senso.
….e non fu più dolcezza,
non fu più abbandonarsi
al sentiero sul fiume [ ]
non più servi, sapemmo
di essere soli e vivi.*
Sandrine Kiberlaine e soprattutto Vincent Maccaigne, con due magistrali interpretazioni riescono a conferire ai personaggi le sfumature di una dolce malinconia che allontana il possibile fastidio per l’eccesso di argomentazioni e dubbi filosofici e permette di considerare il film una riflessione leggera e “matura” sulla vita che se ne va con i suoi ricordi, le sue dolcezze, i rimpianti per ciò che non è stato e che forse avrebbe potuto essere.
La bellissima fotografia del paesaggio parigino, che muta col tempo e le stagioni è di Laurent Desmet
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*Cesare Pavese,
E allora noi vili,
POESIE, EINAUDI 1961
pag 157
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