Regia di Ruijun Li vedi scheda film
Bisogna sapere cos’è la vita dei contadini, quelli di una volta, esserci vissuti un po’ insieme, anche se da spettatori, e in questo film si ritrova l’eco di un mondo perduto.
Il titolo internazionale, Return to dust, ha qualcosa di biblico che lo rende ridondante, l’italiano Terra e polvere forse è più vicino all’originale Yin Ru Chen Yan, un cantonese che rimane misterioso a chi non ha vocabolari idonei.
Ma Terra e polvere si adatta alla storia che racconta, una storia di poveri in un paese immenso e ricco, di contadini confinati nella regione più misera del Paese, il Gansu, nel nord-ovest della Cina, quasi al confine con la Mongolia, di due emarginati per carattere e vicende pregresse o disabilità fisica che le famiglie fanno unire in matrimonio per toglierseli dai cosiddetti.
Sembra che ai due reietti, Guiying e Youtie, di mezza età e privi di risorse di qualsiasi genere, manchi ogni volontà di essere qualcuno, sembra che le loro vite siano destinate solo alla polvere se non ci fosse la terra che, dice l’uomo “restituisce il doppio e forse anche più di quello che l’uomo le dà”.
Un seme, un piccolo germoglio, e nasce un campo di grano, una distesa di piante di mais, un piccolo uovo e nasce un pulcino e poi ci sarà bisogno di costruire un intero pollaio.
Un asinello smunto, un tenero Balthasar, trascinerà sulla sua soma quintali di sacchi di prodotti da vendere, Guiying e Youtie, la coppia più improbabile che si possa immaginare, troverà una simbiosi totale con quella natura che l’uomo normalmente devasta, e come due piccoli esseri umani all’alba del mondo costruiranno un habitat in cui vivere, prendersi cura l’uno dell’altro, usare i doni della natura con la semplice spontaneità di chi se ne sente parte.
Una storia di sconvolgente diversità dalle innumerevoli storie che fioriscono sul rapporto difficile uomo-natura, sul disastro ambientale, sulla tragica difficoltà dell’uomo di vivere con l’altro.
Li Ruijun, l’autore al suo sesto lungometraggio, sceglie la lingua segreta dei gesti semplici, che non hanno parole, azzera ogni contenuto attoriale, i due magnifici interpreti sembrano rientrare nell’alveo di un regno della natura che partorisce i suoi figli e “come vale per il terreno, ognuno ha il suo destino”.
L’attenzione di Guiying per la moglie, dei due quella che ha maggiori difficoltà per un handicap guadagnato nella miseria della sua infanzia, fa il paio con la dedizione di Youtie che lavora duramente col marito a domare quella terra polverosa.
I tempi lenti, dilatati del film, sono quelli segnati dal ritmo di una natura che non corre, tutto ha il suo momento, bisogna rispettarlo e allora la terra ripaga con generosità.
A noi, figli degeneri di un tempo che ha smarrito la memoria, sembra impossibile ottenere dalla vita quello che Guiying e Youtie ottengono dalla propria, seguiamo ipnotizzati lo svolgersi di una vicenda intensa, silenziosa, come il rumore di un filo d’erba che nasce dalla zolla e risplende con il suo verde fino a quando qualcuno lo calpesta.
E’ il profondo valore politico del film, una critica sociale tanto forte quanto non proclamata, uno specchio severo della brutalità dell’uomo che non ha bisogno di denunce per emergere in tutta la sua durezza.
La censura ha fatto la sua parte e Terra e polvere, fatto sparire in patria dopo i buoni risultati al botteghino, ha ottenuto il giusto riconoscimento a Berlino.
Guiying e Youtie vivono in una connessione viscerale con una natura che restituisce loro quella felicità che la civiltà non ha dato e che finirà per sottrarre ancora, fino a farli tornare polvere.
Ma il messaggio comunque è partito, farà il giro del mondo, la tenace resistenza di due ultimi, la loro dolce capacità di vita insieme, può anche essere calpestata come il filo d’erba, ma poi rinasce, almeno “fin quando il sole risplenderà sulle sciagure umane”.
Al film è stato attribuito, pur nel riconoscimento di tante qualità, un "esotismo festivaliero affascinante ma un po' antiquato”. Pur nel rispetto dei giudizi di ognuno, la spontaneità oggettiva di Terra e polvere è difficile da trovare altrove, aria di festival non se ne avverte, nonostante Berlino che resta fra i pochi festival seri del mondo.
Quella ritrosia contadina, quel muto accogliere i ritmi della natura dove, dice Guiying alla compagna “ i frutti della terra hanno una vita più difficile delle nostra, loro non possono muoversi, noi abbiamo i piedi che ci portano dovunque”, quel sentirsi parte di un ordine naturale che si accoglie come il sole, la pioggia, la disuguaglianza, la necessità, ma anche la tenerezza di avere un compagno di vita, tutto questo non è esotico, è vita reale.
Bisogna sapere cos’è la vita dei contadini, quelli di una volta, esserci vissuti un po’ insieme, anche se da spettatori, e in questo film si ritrova l’eco di un mondo perduto.
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