Regia di Colm Bairéad vedi scheda film
Resistere alla tentazione di girare uno spot sui cieli d'Irlanda è difficile eppure il regista Colm Bairéad ci è riuscito sacrificando i verdi paesaggi e i dolci declivi dell'isola per un film intimo e spesso circoscritto alle mura di casa Cinnsealach, dove la piccola Cáit, ospite di una coppia di lontani parenti della madre, per tutta la durata dell'estate, vive una sorta di bolla emotiva e temporale che la tiene al riparo dalla cruda realtà familiare. A casa di Cáit tira una brutta aria, le bocche da sfamare sono cinque, la sesta è in arrivo, ed il pater familias, che dovrebbe mettere in tavola il pane quotidiano, passa le giornate scialacquando i soldi in birra e cavalli, capace soltanto di ingravidare la moglie che, per inciso, ha un aspetto trasandato e un carico di fatica alle spalle con pochi eguali. Liberarsi di una bocca da sfamare e di una bambina selvatica, e quasi mai presente in casa, è una soluzione ragionevole per la povera donna così Cáit finisce a tre ore di macchina di distanza senza nemmeno uno straccio con sé. L'accoglie con benevolenza Eibhlín mentre Sean sembra piuttosto contrariato dalla presenza della mocciosa in casa sua.
Nella dimora dei coniugi Cinnsealach la piccola Cáit assapora il silenzio, l'acqua calda e le cure parentali che a casa non ha mai ricevuto, sempre che i cerotti esibiti dalle sorelle maggiori siano il segno delle amorevoli attenzioni di qualcuno piuttosto che il segno delle botte prese dal padre. Bairéad rimane sul vago. Non c'è bisogno di moglie e figlie tumefatte per dipingere un interno familiare degradato e povero nell'Irlanda contadina del 1981.
Nell'insolitamente calda e assolata estate isolana la piccola Cáit non ha problemi ad abituarsi a ciò che non ha mai avuto, in primis il tempo dedicatole da Eibhlín che, tra un bagno caldo e una spazzolata di capelli, le sta molto vicina. Più difficile conquistare Sean le cui barriere sono dure da abbattere.
La valigia della bambina dimenticata nell'auto del padre è il pretesto narrativo su cui fa affidamento il regista per aprire un vecchio armadio alle cui grucce sono appesi gli abiti del dolore e del ricordo.
A tempo debito Bairéad autorizza una bocca impicciona a svelare i segreti degli ospiti di Cáit.
Il regista mette in scena con eleganza la vita familiare contrapponendo il verde smeraldo degli alberi del viale alle ombre scure della casa che si aprono sul tavolo della cucina in cui i membri della famiglia condividono quel momento di convivialità che invece risulta totalmente assente nel tugurio in cui vive la bambina. Molto bella è la fotografia di Kate McCullough che esalta i chiaroscuri dell'abitazione, della stalla e soprattutto degli esterni che spesso, ricoperti dall'abbraccio frondoso dei rami, imitano gli spazi chiusi degli interni attribuendo al tutto una sensazione di protezione e amorevole presenza che la piccola vive silenziosamente. Bairéad mantiene il controllo degli eventi facendo della pacata quiete della bambina il tono di un film che non eccede mai nel sentimentalismo, nella disperazione e nel fastidioso gnaulio. L'abbraccio tra la bimba e Sean è il momento più emozionante ma non promette nulla se non la speranza di un futuro incontro. Il papà pronunciato da Cáit al momento opportuno è una mannaia capace di abbattere la quercia più radicata e forte.
"The quiet girl" è un'opera prima (nel lungometraggio) ma il suo autore è già perfettamente in grado di scegliere le inquadrature e condurre la macchina verso spazi e tempi che riflettono le limpide idee e le convinzioni di un cinema introspettivo e realistico che non necessita di gridare i propri sentimenti. Quelli di Eibhlín, sgorgano nel pianto smorzato dall'abitacolo dell'auto, quelli di Sean vibrano in un abbraccio vigoroso, quelli di Cáit si riflettono negli occhi profondi come un pozzo d'acqua miracolosa.
Cinema Teatro Santo Spirito - Ferrara
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