Regia di Tim Sutton vedi scheda film
Autodistruzione a ritmo rap firmata da Tim Sutton, regista psichedelico e indie che già dieci anni or sono aveva tracciato il primo solco sulla strada del biopic musicale, con Memphis (Id., 2013), e che in quest’occasione ha scelto di narrare la vita immaginaria di Cole Taurus, membro autorevole dell’industria hip hop con ben più di qualche tratto in comune sia con l’attore protagonista Colson “MGK” Baker; entrambi rapper di grande successo, con figlia adolescente a carico ed entrambi influenzati dal flow di Eminem e dai riff dei Blink182, ma anche con altre figure del medesimo mondo. Perché è sin troppo facile intravedere nel protagonista le stesse dinamiche di vita e professionali di Lil Peep e Mac Miller. Tutti capaci di vendere milioni di LP ma altrettanto incapaci di gestire la fama che ne deriva.
A impersonare il protagonista è il rapper Machine Gun Kelly, 33enne star calatasi alla perfezione nel ruolo e capace di tracciare l’identikit di un artista che una volta raggiunto l’apice pare anelare alla propria rovina, bruciando ogni possibile legame con collaboratori e con chi gli sta affianco, a iniziare dal legame tossico fatto di litigi, licenziamenti, pianti e riappacificazioni, che lo lega alla sua assistente Iliana, tratteggiata dalla 27enne Maddie Hasson, già vista nella serie, spin – off di Bones; il Risolutore (The Finder. 2012) e nel biopic, sempre musicale, I Saw The Light (id., 2015) dedicato alla vita del cantautore country Hank Williams.
La pellicola traccia una narrazione non convenzionale di un giovane uomo, prima ancora che di una star, con un carattere devastato da abusi ed eccessi e a visione ultimata l’impressione è di aver assistito proprio a un semplice collage di tali eccessi, semplicemente incisi su celluloide e tesi a confermare quanto la vita di idoli e vip musicali possa essere piena di alti e bassi, di pratiche prive di senso e quanto possa procedere fuori da una logica sequenziale scandita da impegni, spesso trasgrediti, e obiettivi.
Potrà piacerà agli appassionati di musica, ma senza aspettarsi le medesime atmosfere oniriche evocate da Gus Van Sant con Last Days (id., 2005), ispirato agli ultimi giorni di vita di Kurt Cobain. Il territorio è il medesimo ma il risultato molto differente.
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