Regia di Alberto Taraglio vedi scheda film
Le fortune commerciali di “L’ultimo bacio” incoraggiano l’uscita di un film realizzato due anni fa: “Amarsi può darsi”, debutto alla regia di Alberto Taraglio. Ancora trentenni poco adulti, indecisi tra una libertà immaginaria e gli impegni sentimentali. Eterni studenti fuori corso, tra una festa con sbronza e bugie, fughe in riva a un lago nel giorno del matrimonio, e amici esplosi come pneumatici di seconda scelta, corteggiamenti infiniti e tradimenti, caldi messaggi nella segreteria telefonica e semiseria introspezione a voce alta. Davide e Giulia si ritrovano in tribunale per il divorzio e le varie deposizioni innescano una serie di flashback sul loro amore incompiuto. Le catastrofi generazionali hanno il torto, poco giustificabile, di somigliarsi tutte. Si respira un’aria poco eccitante e poco avvincente. L’espediente di un giorno in pretura, zavorrato dal colpetto di scena che siamo in un sogno, è l’attenuante di un impianto narrativo a strip, a mosaico, forse un po’ troppo impegnativa per il regista esordiente. Claudio Santamaria (Davide) recita esattamente come farà in “L’ultimo bacio”. Curiosità immobiliare: la casa in cui i due sposi vivono il loro “dramma scandinavo” è la stessa usata da Ozpetek in “Le fate ignoranti”.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta