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Amarsi può darsi

Regia di Alberto Taraglio vedi scheda film

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La recensione su Amarsi può darsi

di ccbaxter
8 stelle

Leggendo la recensione di Enrico Magrelli a questo film, "Amarsi può darsi", scritta all'epoca dell'uscita (credo, semiclandestina) sorprende davvero la miopia del critico, e la perfidia davvero sopraffina. Che sta tutta in quell'appunto sulla casa dove il regista, Alberto Taraglio, ha ambientato alcune scene finali: la stessa delle "Fate Ignoranti" di Ozpetek, chiosa beffardo il "critico ragazzino". Davvero non si comprende tutta questa acrimonia nei confronti di un'operina di certo non così infame, e soprattutto piacevolmente diversa dalla maggior parte dell'abbondante produzione italiana di quel periodo, quasi tutta foraggiata dalla prodigalità statale della "legge Veltroni". Che cos'ha di diverso "Amarsi può darsi" rispetto - che so - al coevo "Ultimo bacio" di Gabriele Muccino? Si, certo, quest'ultimo è stato un successone pazzesco al botteghino. La critica ha scalciato un po', poi, di fronte ai grandi numeri, ha dovuto capitolare. Sta di fatto che "Amarsi può darsi" ne sembra proprio l'antitesi esatta, quasi programmatica, nonostante anche in questo caso ci si diffonda sugli incerti sentimenti amorosi di una coppia di trentenni. Argomento all'epoca certamente abusato (e in seguito non ne parliamo!), ma bisogna pure ammettere che Taraglio adotta un tono completamente diverso da quello mucciniano – del tutto esagitato, fiammeggiante, “di pancia”, per rivestire concetti piuttosto banali – e opta per l'ironia spinta fino al sarcasmo, e al corrosivo. Soprattutto i suoi argomenti sono decisamente diversi. Invece di lisciare per il verso giusto il pelo agli spettatori decide di prenderli per il bavero, di irridere l'autoinganno e la sostanziale ipocrisia di quella retorica sentimentale. Una scelta molto coraggiosa - se vogliamo: suicida - che il critico, non capisco perché, ha completamente trascurato per fare sarcasmi sulle locations inflazionate. Si può obiettare che lo stile sia incerto, che vi siano cadute qua e là, e che l'impianto generale fatichi a reggere l'ambizione degli intenti di parafrasare "Il cielo può attendere" di Lubitsch, ma ce ne fossero di film come questo! Per di più d'esordio! Opere che hanno il coraggio della propria cattiveria - come ce l'aveva il Risi de "I Mostri" - e sanno tentare una strada propria, come inseguendo nostalgicamente un cinema che non si fa più e che nessuno vuol più fare. Invece di incoraggiare un autore del genere, la critica l'ha stroncato dandogli il colpo di grazia visto che, immagino, non sarà stato un successo al botteghino. Perché? Eppure certe sequenze sono davvero magistrali, come la fuga della coppia al lago dal matrimonio che non si è tenuto, per non parlare delle molte annotazioni originali sui tic dell'epoca, delle gag nient'affatto scontate, e soprattutto dell'interpretazione degli attori. Che nel caso di Santamaria sorprende, considerando che era ancora all'inizio - questo è forse il suo primo film da protagonista: praticamente l'ha scoperto Taraglio! - e in quello della Gerini anche, conoscendo la scarsa stima di cui l'attrice ha sempre goduto. L'energia che dimostra, il fuoco espressivo dei suoi occhi, l'indubbia personalità, sono doti d’interprete non certo di second'ordine. Perché nessuno se n'è accorto? Un consiglio a quelli di Film-Tv: rivedete la vostra recensione!

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