Regia di François Ozon vedi scheda film
Ha senso al giorno d'oggi, con una Storia del cinema ormai ricchissima, confrontarsi con un remake di un film considerato capolavoro dai più, e nel caso di Fassbinder con un film dolorosamente personale e sperimentale nella forma come "Le lacrime amare di Petra von Kant"? In certi casi ha senso, sì.
Francois Ozon conferma le sue affinità elettive con il regista tedesco, di cui molti anni fa curò un adattamento di "Gocce d'acqua su pietre roventi", con un film che risulta un omaggio/rivisitazione, a mio parere fedele sia alla lettera che allo spirito dell'originale senza risultarne una copia senza vita, e accettando alcuni inevitabili cambi di prospettiva. "Peter von Kant" snellisce la durata dell'originale portandolo da 124 a 85 minuti, con alcune ellissi che velocizzano il tempo del racconto, conserva quasi tutte le scene chiave ma elimina alcuni dialoghi, ad esempio quelli con l'amica Sidonie sono ridotti, conserva la claustrofobia e la teatralità ma in una dimensione più sfumata anche visivamente, che a tratti evita i forti contrasti di Petra. Il film odora di Fassbinder fino al midollo e questo non può non essere considerato un pregio, aggiorna con intelligenza la sua poetica del "diritto del più forte" all'epoca contemporanea con piccoli aggiustamenti come Peter che da stilista diviene un regista di cinema; trasforma il personaggio di Peter in un evidente alter ego di Rainer con un Denis Menochet che riesce a ricostruire l'emotività dilaniata e masochista del wunderkind tedesco prematuramente scomparso, e anche questa mi sembra un'intuizione tutt'altro che trascurabile. Nel cast accanto a Menochet hanno buon risalto caratteristi variamente assortiti come il giovane Khalil Ben Gharbia che è un fantasma portato a rappresentare l'impossibile oggetto del desiderio di Rainer; ottimo il risalto conferito a una ritrovata Isabelle Adjani, fisicamente ancora attraente ed espressivamente magnetica quasi come ai bei tempi di Truffaut e Zulawski, nonché una Hanna Schygulla che non può non risultare commovente nel ruolo della madre di Peter, che sublima con originalità il fortissimo legame con il primo film. Per quanto la critica internazionale non sembri essere rimasta molto colpita dal film, "Peter von Kant" mi sembra un remake più creativo della media, che trasuda un amore viscerale per la fonte di ispirazione e probabilmente batte ai punti il recente "Mon crime" di Ozon che si è trovato nelle nostre sale in contemporanea con questo, girato però in precedenza.
Voto 8/10
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