Regia di George Cukor vedi scheda film
Nella sua autobiografia "Io", Katherine Hepburn definisce questo film un prodotto sbagliato e quindi di conseguenza non riuscito, pressando Cukor per tutto il tempo della lavorazione sostenendo che era una pellicola che non facesse ridere per niente (quindi non l'ho notata anch'io questa cosa...).
Avendola vista adesso, posso dire che gli oltre 80 anni sul groppone si sentono tutti quanti ad uno ad uno, poichè questo il Diavolo è Femmina (1934), visto oggi non ha molto da offrire allo spettatore e tutti gli elementi "trasgressivi" dell'epoca sono oggi ben poca cosa. E'un film a tema travestimento, dove la protagonista Sylvia Scarlett (Katherine Hepburn), deve scappare via con il padre, in preda a guai finanziari per aver sottratto soldi alla propria ditta. Per passare inosservata e agevolare la loro fuga dalla Francia a Londra, decide quindi di travestirsi da uomo cambiando il proprio nome in Sylvester Scarlett.
Il film quindi dovrebbe avere al centro il tema del travestimento e secondo alcune recensioni tratta anche il tema dell'ambiguità "sessuale"; inutile dire che sono tutte esagerazioni dettate da una rivalutazione a tutti i costi di tutto ciò che è vecchio.
Il problema principale è la pretestuosità dell'utilizzare una trama inesistente, per poter mettere al centro un accumulo incontrollato di situazioni, che per la maggior parte oggi non risultano interessanti, affastellando una carrellata di personaggi come Jimmy (Cary Grant), Maudie (Dennie Moore) ed il pittore Fane (Brian Aherne), verso il quale la nsotra protagonsita avrà una forte cotta.
Se lo sviluppo della vicenda segue l'assunto iniziale esplicato nella didascalia di come fuoriuscendo dal sentiero prestabilito, si può finire per trovare un amore inaspettato, si può dire che Cukor non resti coerente sino in fondo, poichè non solo il travestimento della protagonista dopo 15 minuti di film non ha più motivo di esistere (il pericolo di riconoscimento è scampato, a che pro continuare?), ma dopo quasi metà film, esso viene abbandonato del tutto e quinid l'opera diventa una mera commedia romantica sofisticata come tante altre, facendo perdere di interesse all'intera vicenda, che per lo meno sino a quel momento si reggeva su un elemento "trasgressivo" e fuori dall'ordinario.
Anche Cukor è un pò incerto nella direzione, la profondità di campo praticamente non esiste e per tutto il tempo in cui la protagonsita è un uomo, Cukor usa la sua macchina da presa con circospezione, cercando di non avvicinarsi mai troppo al viso della protagonista, il che è un peccato, poichè avrebbe potuto in questo modo accenturare il fascino androgino di Katherine Hepburn e causare una confusione sessuale nello spettatore, che trova come unico suo momento sullo scermo, nel bacio tra la protagonista e Maudie, abbastanza "forte" come sequenza all'epoca. Il tutto poi si normalizza successivamente quando tutto ritorna alla normalità ed abbondano i primi piani sul viso della protagonista, come a voler rassicurare tutti che Katherine Hepburn è una donna e anche molto femminile.
A mio avviso Cukor non è un regista da film in "esterna", ma per poter esprimere il suo talento, ha bisogno delle scenografie, cosa di cui il film è veramente povero sia per quantià che per composizione (che tristezza vedere un antro di una casa di ricconi, con un solo specchio sulla parete).
In tutto questo quindi, Katherine Hepburn è l'elemento cardine di tutta l'operazione. L'attrice era già famosa all'epoca per il suo temperamento ribelle quanto anti-conformista. Fu una delle prime donne negli Stati Uniti a vestirsi con dei pantaloni, suscitando scalpore, quindi perchè non essere un uomo in un film? In effetti per lo spettatore odierno che vede il film in lingua originale, Katherine Hepburn non è credibile come uomo, per via della sua voce palesemente femminile, ma forse calandosi nella mentalità dell'epoca, dove l'abbigliamento era anche identificativo della persona così come i capelli così corti erano fantascienza per una donna, conta più l'apparenza ed il comportamento che la voce in sè per sè.
Se la si vede sotto questo punto di vista, Katherine Hepburn può apparire credibilissima come un uomo, ingannando lo spettatore.
E' un peccato che a seguito degli screen test negativi (3/4 delle persone lasciarono la sala schifati dal bacio "lesbico"), Cukor abbia dovuto aggiungere un prologo iniziale a Marsiglia dove faceva vedere la nostra protagonista che decide di tagliare via le proprie treccie (abbastanza ridicola tale sequenza per come hanno conciato Katherine Hepburn), come a voler rassicurare lo spettatore sin da subito sulla chiara identità sessuale della protagonista.
Il film costò 1 milione e fu un flop abbastanza fragoroso, tanto da diventare il primo di numerosi film che sino al 1940 furono un disastro al botteghino per Katherine Hepburn, tanto da rischiare di stroncarle per sempre la carriera di attrice.
Comunque sia per l'attrice protagonista che Cukor chiesero alla produzione di distruggere addirittura la pellicola, poichè la ritenevano totalmente sbagliata, offrendosi di poter riemdiare in qualche modo al disastro.
Oggi è stata rivalutata da parte della critica che la ritiene un cult e Mereghetti addirittura le conferisce l'onore delle 4 stelle. Si tratta di una pellicola che pur avendo uno spunto trasgressivo, visionata oggi ha poco da offrire sia in quanto a "licenziosità" che per l'aspetto cinematografico estremamente povero a livello visivo. A tema travestimento, molto meglio ha fatto Wilder in tutta la sua carriera, specie in A Qualcuno Piace Caldo (1959), dove in quasto caso abbiamo due uomini che si vestono da donne, eppure il tutto è giustificato e credibile nello svolgimento della pellicola.
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