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Il diavolo è femmina

Regia di George Cukor vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Il diavolo è femmina

di obyone
7 stelle

Katharine Hepburn

Il diavolo è femmina (1935): Katharine Hepburn

 

"Il diavolo è femmina". Un titolo fuorviante, piuttosto misogino e sensazionalistico. Per giunta un tantino pruriginoso. Molto più semplice l'originale "Sylvia Scarlett', il nome della protagonista interpretata da Katharine Hepburn. 

Il padre di Sylvia piange le propria sorte sul feretro della moglie e nel frattempo medita di lasciare Marsiglia per sottrarsi ai propri guai giudiziari. Senza troppi indugi decide di abbandonare la Francia e la figlia Sylvia che considera d'intralcio alla propria fuga. Il diavolo è padre sarebbe più giusto affermare. 

Tanto è rammollito Mr. Scarlett (Edmund Gwenn) tanto è caparbia Sylvia che decide di seguire il vecchio, nel ritorno alla natia Inghilterra, mostrando tutto l'affetto possibile per l'ingrato e pavido genitore. La ragazza ama il padre e vuole prendersi cura di lui. Persino alla notizia che l'avrebbe lasciata in un mare di debiti l'amore della giovane donna non si affievolisce. Un atteggiamento da angelo del focolare piuttosto che da angelo decaduto.

Nel bel mezzo della Manica i due incontrano un losco quanto affascinante damerino, Jimmy (Cary Grant), che prende padre e figlio sotto braccio insegnando loro l'arte della truffa.

Ho scritto figlio. Non si tratta di un refuso. Per non destare troppo nell'occhio Sylvia è diventata Sylvester con alcuni piccoli accorgimenti: un cappello, il bavero alto di un cappotto avvolgente ed una sforbiciata ai capelli che l'ha privata della grazia femminile faticosamente coltivata. Più avanti si unisce alla spiantata combriccola Maudie (Dennie Moore), una cameriera che getta un'ulteriore manciata di pepe nei rapporti interni al gruppo.

 

Katharine Hepburn, Cary Grant, Edmund Gwenn

Il diavolo è femmina (1935): Katharine Hepburn, Cary Grant, Edmund Gwenn

 

Nel 1935 Katharine Hepburn e Cary Grant iniziarono un sodalizio artistico che si concluse nel 1940. Il primo capitolo della collaborazione, che probabilmente rappresentò il punto più basso, fu, per l'appunto, "Sylvia Scarlett". Seguirono "Susanna" ed "Incantesimo" del 1938. Infine "Scandalo a Philadelphia" del 1940. I tre successivi furono di molto superiori tuttavia non sarebbero esistiti senza l'imperfetto e un po' sfortunato capostipite accolto in maniera fredda da un pubblico impreparato di fronte alle tematiche trattate.

Nonostante il flop al botteghino il film merita di essere ricordato per l'intuizione di George Cukor di rimodellare il personaggio torbido e poco raccomandato, cucito addosso a Cary Grant, nell'elegante, ironico e seducente protagonista della commedia sofisticata, genere che avrebbe reso famoso l'attore in tutto il mondo. 

 

Katharine Hepburn, Brian Aherne

Il diavolo è femmina (1935): Katharine Hepburn, Brian Aherne

 

La trasformazione del personaggio era appena abbozzata ma il passaggio da mascalzone a brillante e fascinoso rubacuori era già a buon punto. Gli altri film interpretati dalla coppia (due dei quali diretti dallo stesso Cukor) consolidarono la trasformazione della crisalide Grant, da spalla di attrici famose a protagonista della screwball comedy. 

 

Katharine Hepburn, Cary Grant

Il diavolo è femmina (1935): Katharine Hepburn, Cary Grant

 

Detto di Cary Grant, il centro della pellicola era il personaggio interpretato da Katharine Hepburn che negli anni '30 era una star decisamente fuori dagli schemi, perfettamente in grado di gestire ruoli poco ortodossi come quello di Joe, l'indipendente sorella maggiore della famiglia March in "Piccole donne" di George Cukor, e Cynthia Darrington, aviatrice e amante irregolare in "La falena d'argento" di Dorothy Arzner. Per lei vestire i panni di un giovane uomo, imitarne le movenze e il tono della voce era una sfida possibile che ne avrebbe accresciuto la fama di donna iconoclasta e spregiudicata.

George Cukor le diede, effettivamente, il materiale su cui lavorare grazie ad alcune sequenze straordinarie, decisamente in anticipo con i tempi, che, con tutta probabilità, causarono l'insuccesso economico del film.

La prima a cui mi riferisco era il bacio tra Sylvester/Hepburn e Maudie/Moore. Maudie era all'oscuro dell'identità del suo interlocutore ma non lo era il pubblico che vide le due donne baciarsi. Probabilmente l'impudico e sfuggente contatto tra le labbra delle due attrici poteva essere perdonato se Maudie avesse assunto un diverso contegno alla scoperta della vera identità di Sylvester anziché compiacersi della propria seducente bellezza. È abbastanza scontato pensare che la scena abbia turbato chi non tollerava tali libertà sessuali. A contrario il bacio saffico era destinato a risvegliare segrete e licenziose fantasie sessuali nella maggior parte dei maschi, ad attrarre, dunque, metà del cielo e a sviluppare una sorta di indulgenza di genere. 

Non sono altrettanto sicuro che un simile processo censorio fosse applicabile a quanto visto nelle sequenze che videro coinvolti Hebpurn, ancora sotto le mentite spoglie dell'effeminato Scarlett, e Brian Aherne che intepretava il bello e accogliente pittore Michael Fane.

Si avverte ancora oggi nelle sequenze tra i due "uomini" una carica erotica che difficilmente poteva essere oggetto di indulto nell'America bacchettona degli anni '30. È vero che gli sguardi languidi di Sylvester erano quelli di una donna ed il pubblico ne era conscio ma era altrettanto lapalissiana la naturalezza di Michael nel rapportarsi al ragazzo, sufficiente per gridare al vizio e all'omosessualità. Quella si poteva perdonare a due donne, oggetto perverso delle fantasie degli uomini, ma non si poteva tollerare in un uomo che cercasse le attenzioni di un altro maschio. A mio avviso George Cukor fu coraggioso nel mostrare una sessualità cangiante ed omoerotica. Il film in tal senso seppe travalicare le decadi successive mostrando tutta la sua straordinaria freschezza negli anni seguenti quando i vincoli della censura divennero più stringenti.

 

Katharine Hepburn, Brian Aherne

Il diavolo è femmina (1935): Katharine Hepburn, Brian Aherne

 

I difetti di "Sylvia Scarlett" vanno, dunque, cercati altrove affinché si possa parlare del film come opera "minore" nella filmografia della coppia. Ed, infatti, si può dire che il soggetto non è sempre avvalorato da una sceneggiatura all'altezza. Il film è spesso lento e soffre di un eccessiva teatralità che si riscontra soprattutto nella recitazione di Gwenn e Hebpurn. La parte finale, per finire, sembra troppo sbrigativa nel concludere la vicenda amorosa di Sylvia e Michael che si scoprono definitivamente innamorati e complici come lo erano stati Sylvester ed il suo ospite e artista.

 "Il diavolo è femmina", oltre ad un titolo italiano meno sciocco, avrebbe meritato un po' più di movimento, una maggior introspezione, una riduzione delle pause e un tempo maggiore da dedicare ai due innamorati al fine di ridurre l'odiosa sensazione di un finale frettoloso e di un innamoramento sin troppo ingenuo e repentino. Con "Sylvia Scarlett George Cukor toglie il velo ad una sessualità secretata e taciuta per pudore o per disapprovazione. Usa con raffinatezza le armi a sua disposizione. I sentimenti si fanno scherno dell'identità sessuale e dell'appartenenza ad un genere prestabilito tra giocosa ironia e malizioso abbandono. È questi sono pregi che non si possono tacere.

 

RaiPlay

 

Brian Aherne, Katharine Hepburn

Il diavolo è femmina (1935): Brian Aherne, Katharine Hepburn

 

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