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Il furore della Cina colpisce ancora

Regia di Lo Wei vedi scheda film

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GIMON 82

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La recensione su Il furore della Cina colpisce ancora

di GIMON 82
6 stelle

La nascita di un icona passa da una fabbrica di ghiaccio sita nella sperduta giungla thailandese,il mito di Bruce Lee nasce dunque da questo film,"primo" lungometraggio che ne sancisce la leggenda, ancora oggi viva nel ricordo di un sognatore che ha "esportato" l'antica arte del kung fu al mondo intero.

Un film girato in condizioni disastrose in una zona sperduta della Thailandia,con Bruce Lee che pur di inseguire il sogno di recitare  "si presto' "  ad una produzione di Hong Kong,la famigerata "Golden Harvest" del magnate Raymond Chow.

"The Big Boss" è un film che rivisto oggi appare di modesta levatura,tipica produzione di Hong kong del periodo,dal budget risicato e contraddistinto da un ingenuita' cinematografica primordiale,basata sul metodo di recitazione "mandarino",ovvero performance attoriali che non si rifanno al tipico realismo occidentale,ma bensi' all'antica tradizione mimica del teatro cantonese,dunque una recitazione piu' "da strada" che da pellicola.

Pur consapevole di un budget risicato e di condizioni lavorative estreme  Lee ando' nella giungla thailandese,tra zanzare killer, caldo insopportabile e cibo disgustoso,Lee ebbe durante le riprese  dei dissidi  col regista Lo Wei .

Lo Wei era anch'egli un ex attore del teatro cantonese passato a fare il regista "a cottimo" di sciatte pellicole di arti marziali,ora si ritrovava a dirigere il piu' grande artista marziale di sempre e nonostante cio'   si vantava  di aver insegnato a Lee la recitazione e il combattimento(!!).Tesi alquanto inverosimile dato che Lee praticava il kung Fu dall'eta' di 12 anni ed inoltre aveva partecipato a due serie televisive americane ovvero "The Green Hornet" e "Longstreet".

In "The Big Boss" Lee interpreta un giovanotto di campagna di nome Chen, giunto in Thailandia ospite del cugino  egli viene assunto nella fabbrica di ghiaccio dove lavora lo stesso cugino e altri compagni.

Ma la fabbrica è gestita da loschi tipi e non è nient'altro che una copertura ad un traffico di droga e prostituzione.La scomparsa di due operai della fabbrica e del cugino di Chen,scatena cosi' un innesco a catena che portera' Chen a indagare per conto proprio,scoprendo cosi' una verita' terribile dove si trovera' da solo a sconfiggere i cattivi di turno........

Una trama che  fa del semplicismo la sua bandiera,sorretta  da un impianto che vuol fare del violento sensazionalismo,ma agli occhi di uno spettatore occidentale tutto cio' potrebbe apparire Kitsch o banale.Alcune scene di "The Big boss" furono difatti censurate nel mercato estero anche se Bruce Lee ebbe a ribadire che la vera violenza era quella in Vietnam.Nonostante la banalita' di alcuni passaggi e dell'inverosimilita' che permea alcuni personaggi,"The big boss" risulta una pellicola apprezzabile sopratutto per l'impegno profuso dal fantastico Lee.Essendo consapevole dei limiti registici del film, Lee cerco' di dare alla pellicola un impatto piu' "occidentale",dotato di un realismo che comunque pur essendo primordiale risulta molto efficace.

Avendo passato gli ultimi dieci anni in America, Lee aveva assorbito modus-recitativi che cinematograficamente parlando erano piu' evoluti,pur mantenendosi sui livelli standard del cinema di Hong Kong  questo film s'innalza rispetto alla media di altre pellicole wuxia o di arti marziali del periodo,"dotate" di combattimenti ai limiti del ridicolo o fumettistico.

Il merito è dunque della lungimiranza di Lee che aveva fiutato l'importanza di dare un impronta umana anche al "guerriero" Chen ,d'innestarne una filosofia che ha nei valori atavici il suo credo.

Difatti qui Bruce Lee rappresenta il paladino delle classi sottoproletarie sfruttate e sottopagate dal caporale di turno,una piaga che imperversava nella Cina del periodo,dunque gli spettatori  si riconobbero nel personaggio di Chen,elevandolo a icona vincente dei diseredati.

 

"The Big Boss" divenne campione d'incassi ad Hong Kong,elevando Lee allo status di star assoluta,non c'è che dire che il merito fu tutto suo,grazie al  carisma  naturale la presenza di  Lee invade il film,annulandone (o quasi) i limiti scenici o registici,sopratutto quando entra in scena nei combattimenti.Ogni lotta è  un saggio di arte o filosofia  dalla quale anche un non intenditore viene catturato.Lo scultoreo fisico di Lee si muove sinuoso ed elegante tra rozzi villain molto "70's",la sua figura emana un fascino catartico molto naturale,frutto di anni e anni di duro allenamento fisico e spirituale.

Le coreografie coordinate dallo stesso Lee sono dunque il "non plus ultra" di un film  semplice nell'intento destinato ad una larga fetta di pubblico,ma nonostante tutto si gode della presenza di Lee,della sua arte ,del suo essere "forma senza forma",nell'innato stilismo  dei suoi colpi e nella  grandissima umanita' che pervade il personaggio di Chen,nient'altro che un alter-ego di un icona che restera' immortale.....

 

 

 

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