Regia di Philip Kaufman vedi scheda film
Inchiostro, vino, sangue, escrementi. Ogni liquido vischioso deposita sulla carta, sui vestiti, sulla pelle, sul muro, storie scandalose, parole violente e morbose, immagini che turbano, eccitano e irrorano voglie, desideri, fantasie. La grafia di una perversione e la compulsione della scrittura sono la riga e la squadra con la quale Philip Kaufman disegna l’ultimo atto della vita del Marchese de Sade (un Geoffrey Rush condannato dall’aspetto fisico a interpretare personaggi di primo piano con le peculiarità dei caratteristi) rinchiuso nel manicomio di Charenton. Il regista attratto, con risultati discontinui e talvolta detestabili, dalla letteratura e dal vigore provocatorio della pagina scritta (“L’insostenibile leggerezza dell’essere”, “Henry & June”) condivide con il protagonista di questo film, tratto da una pièce di Doug Wright, l’opinione che sia pericoloso confondere l’invenzione romanzesca con la vita. La lavandaia Kate Winslet, l’abate Joaquin Phoenix, la moglie-fanciulla (Amelia Warner) dello psichiatra Michael Caine, la corte dei miracoli degli altri malati di mente, invece, fanno confusione con disastrose e prevedibili conseguenze in squinternati colpi di teatro filmato. Il patentino da cineasta-intellettuale non abilita a inquadrare bene le parole.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta