Regia di Philip Kaufman vedi scheda film
Hollywood, quando si mette, sa fare davvero del pessimo cinema, spacciandolo ipocritamente per cinema d'autore dalla presunta alta qualità, con tanto di, sospette, recensione entusiastiche ed incomprensibili nomination agli Oscar e ai Golden Globes. "Quills" di Philip Kaufman è irritante, infausto, finto e greve. Se si volesse scoprire qualcosa che non sia ovvio o risaputo sull'ambiguo, maledetto e perverso Marchese de Sade è doveroso astenersi. Qui tutto è in superficie, banalizzato, ridicolizzato, volgarizzato, ridotto ad un'innocua soap opera. Ci sono sequenze di autentico trash: la messa in scena, al manicomio di Charenton, della recita "I crimini dell'amore" diretta dal Marchese davanti al nuovo medico, il dottor Royer-Collard, per ironizzare pesantemente sul suo matrimonio con una ragazzina prelevata da un convento, rispetto alla quale "è tanto vecchio per esserne due volte il padre"; l'incendio al manicomio con i pazzi, finalmente liberi, che fanno esplodere la loro incontenibile follia, mentre il disperato abate di Coulmier cerca invano la sua Madeleine; il sogno erotico e necrofilo dell'abate in cui immagina di baciare voluttuosamente il prosperoso corpo nudo della servetta Madeleine che, da morta, letteralmente rinsavisce e travolge con la sua passione il giovane prelato che non può più resisterle; la cella del Marchese tutta imbrattata con gli escrementi dell'uomo, già privato di ogni indumento e della lingua ed incatenato a terra come una bestia, ma sempre abile nel trovare il modo per scrivere le sue provocatorie storie. Senza tralasciare una sceneggiatura che se ne frega della verità storica ed è un vero delirio con personaggi appena abbozzati come la moglie del marchese (interpretata dalla vera moglie di Geoffrey Rush, Jane Menelaus) o di pura cornice come la giovin sposa del dottor Royer-Collard, il vero sadico del film, ragazza che da verginella acqua e sapone, pura e riservata, talmente amante della lettura e della poesia da preferirle, a letto, ai doveri coniugali, scoprirà, ovvio grazie ad un romanzo del marchese, nel caso specifico "Justine", il vero piacere del sesso rivelandosi assai esuberante e fantasiosa con il giovane e fascinoso architetto che le sta arredando la reggia (peraltro parentesi altamente prevedibile). Il finale, con l'ideale passaggio di consegne tra il Marchese e l'abate, oramai divenuto a sua volta pazzo, è sconcertante e risibile. L'affresco di un'epoca è posticcio, la regia di Kaufman anemica e didascalica, la sceneggiatura di Doug Wright (da una sua pièce) confusa, scombinata ed approssimativa. Inutile poi cercare argute riflessioni sulla libertà d'espressione, l'arte della scrittura e dell'immaginazione e la censura (meglio, al proposito, rivedersi "Larry Flint - Oltre lo scandalo" di Milos Forman, quanto meno più divertente), anche se il film è uscito in Italia vietato ai 18, probabilmente più per alcuni dialoghi al limite della blasfemia che per le scolastiche sequenze di erotismo o di tortura. Di scandalo comunque neanche l'ombra per un film turgido, pesante, ridondante, inesorabilmente kitsch, fintamente morboso, pallidamente trasgressivo e sulfureo. Come sia stato possibile poi dare una nomination all'insopportabile Geoffrey Rush resta un mistero: la definizione migliore viene data dal dottor Royer-Collard, non appena lo vede per la prima volta mentre istruisce gli altri matti per la recita: "un gigione tra cretini". Joaquin Phoenix, con quel fisico marmoreo così ben scolpito e sempre audacemente in bella mostra, come abate che resiste faticosamente alle tentazioni della carne e si fustiga in privato nella sua cella non appena prova qualche debolissimo cedimento, ha la credibilità di un elefante che vuole insegnare come muoversi con delicatezza in un negozio di cristalleria. Quando tenta di sacrificarsi, chiedendo di essere frustato al posto di Madeleine, tocca il sublime, in termini di ridicolo involontario. Kate Winslet è sempre molto in parte, appassionata e convincente, ma l'unico vero gigante in scena resta Michael Caine, sempre formidabile. Il suo spietato e cruento dottor Royer-Collard, dagli efficacissimi strumenti di tortura, è pura macchietta ma Caine lo cesella con intelligenza ed eleganza, rendendolo il più gustoso e riuscito di tutti i personaggi, paradossalmente quasi simpatico nel suo esibito e sfacciato sadismo. Solo a lui onore e gloria. Una sola sequenza riuscita ed assai divertente: quella in cui il Marchese detta la sua ultima opera a Madeleine, come un telefono senza fili, servendosi della collaborazione pasticciona dei matti di Charenton: "La mia prosa sublime filtrata dalla mente dei pazzi". Da ricordare un dialogo tra l'abate ed il marchese: "Uno scrittore che produce più di quanto legge dà prova certa di dilettantismo. Ecco cominciate con la Bibbia. E' più divertente. E infinitamente meglio scritta." "Questo mostro che chiamate Dio ha lasciato penzolare suo figlio come un quarto di bue. Non oso pensare cosa farà a me!" replica sarcastico il Divin Marchese. Rimane infine una certezza, sancita dallo stesso Marchese ed attualissima: "Questo mondo non l'ho creato io. Mi limito a raccontarlo!". E sebbene nel film si dica che "per conoscere la virtù occorre familiarizzare con il vizio" perché solo così "avremo la giusta misura dell'uomo", si può legittimamente dire che per avere la giusta misura del buon cinema e capire quando un film è davvero meritevole non occorre familiarizzare con boiate del genere di fronte alle quali i già non eccelsi "L'insostenibile leggerezza dell'essere" e "Henry & June" film nei quali Kaufman si confrontava rispettivamente con l'erotismo di Milan Kundera e Anais Nin, risultano quasi imprescindibili. La frase di lancio internazionale è un vero e proprio boomerang per il film: "Incontra il Marchese De Sade: il piacere è tutto suo". Già... Due curiosità. Kaufman ha dichiarato che il personaggio interpretato da Caine allude a Kenneth Starr, il procuratore speciale passato alla storia per essere stato l'irremovibile accusatore di Bill Clinton nella nota vicenda che lo ha visto protagonista con Monica Lewinsky. Il rosario con cui il Marchese si suicida nel finale, ingoiandolo, è in realtà fatto di cioccolato fondente. Musiche di Stephen Warbeck, scenografie di Martin Childs, entrambi già avvezzi ai film in costume avendo vinto l'Oscar per "Shakespeare in love", montaggio di Peter Boyle ("The hours"), costumi di Jacqueline West. Incredibile ed impressionante l'elenco delle nominations ai principali premi internazionali: 3 agli Oscar (Rush, scenografie e costumi), 4 ai Bafta Awards (Rush, costumi, scenografie, make-up), 2 ai Golden Globes (ancora Rush e la sceneggiatura di Doug Wright), 2 agli Screen Actors Guild Awards (Rush e Winslet), 5 ai Satellite Awards (vittoria a Rush e Wright, solo nomination per Kaufman, Winslet e film). Così va il mondo...
Voto: 4
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