Regia di Alejandro González Iñárritu vedi scheda film
L’esordio (tardo) alla regia di Alejandro González Iñárritu è il film che apre la “trilogia della mote” qui sommessa, quasi nascosta, non fosse rappresentata dai cani piuttosto che dagli umani. Tre storie intrecciate da un solo destino in due ore e mezza di puro cinema sentimentale ma non ancora emozionale. Siamo agli albori, Iñárritu sembra tastare il terreno, come un assassino con il suo coltello (emozionale) che tasta la pancia della vittima (lo spettatore) per trovare il giusto punto dove affondare la lama (con 21 grammi) e ritirarla poi (con Babel). C’è l’intensità della sceneggiatura di Arriaga e la fotografia, quasi sgranata, da pellicola, di Rodrigo Prieto che utilizza lo stile reale per rendere tutto più vero. Famiglie povere, esistenze misere, città affollate, sogni rincorsi, sogni infranti, vite che scorrono e che non si possono fermare, non si devono fermare, perché il destino è incontrollabile come le conseguenze naturali di ogni nostro gesto. Per il cast gioca in casa, scegliendo quasi tutti attori messicani, a partire da quel Gael Garcia Bernal a cui apre le strade del cinema. Sarà stata la tanta gavetta o piuttosto la mente che ha spaziato tra radio, tv e teatro ma, già dai primi fotogrammi, dall’intensità delle storie che rappresenta, Iñárritu sembra voler dire alla settima arte: “fatemi spazio, sto arrivando”.
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