Regia di Alejandro González Iñárritu vedi scheda film
L'intreccio sovrapposto e casinaro è l'arma che ha fatto conoscere il valido regista. E se anche a molti non è piaciuto "21 Grammi", credo che l'atemporalità della struttura narrativa e l'intersecarsi delle varie storie, sia un modo efficace per raccontare. Qui, abbiamo tre episodi. Il primo è sulla linea di un docu-drama, nella sua quasi totalità è fatto con la camera a mano. E' sporco, parla di vite disgraziate, di povertà culturale ed economica, di stenti, di facile criminalità. Se non ci fosse "cinema" sembrebbe un tosto film di Ken Loach, invece c'è l'elemento narrativo verista, ma accompagnato da un'estetica con gusto: non è una semplice e distaccata, e quindi credo inefficace, fotografia di una società decaduta. Il secondo episodio lo avvicinerei ad un horror romeriano: la coppia che scoppia per via di una monomania che qui è la repellente idea di un cagnolino divorato dai topi. L'atmosfera malata che nasce da tale monomania porta spettatore e personaggi verso un baratro fatale. Il terzo episodio è invece girato con fare poliziesco: pedinamenti, omicidi, appostamenti, minacce, doppi e tripli giochi, incarichi. Chiaramente è solo un linguaggio per veicolare la storia di un uomo che vive a suo modo, nel ricordo insistente di una vita violenta e della figlia che non vede da anni.
Il risultato, oltre all'ottima performance di Gael Garçia Bernal, è una storia forte ed efficace, che nel gioco dell'intreccio ti arriva dritta nel cuore, lasciandoti come una semplice pedina nel mezzo di un gioco più grande di te.
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