Regia di Steven Soderbergh vedi scheda film
Scritto da Stephen Gaghan basandosi sulla miniserie britannica del 1989 Traffik di Simon Moore, il film di Steven Sodenbergh rivede a modo suo il genere thriller rivelandosi a sorpresa il mattatore della serata degli Oscar vincendone 4 su 5 nomination (Miglior regista, miglior attore non protagonista, miglior sceneggiatura non originale e miglior montaggio) dopo essere stato premiato con 2 vittorie anche ai Golden Globe, al Festival di Berlino (premio di miglior attore a Benicio del Toro) e al AFI Award per un incasso globale di 124 milioni di dollari.
Nel film si intrecciano i grandi traffici della droga tra Messico e Stati Uniti raccontata attraverso i quattro elementi fondamentali di questa perniciosa economia, ovvero la produzione di droga e eroina dai cartelli messicano, la vendita del prodotto attraverso gli spacciatori, i consumatori della merce in America e le forze dell’ordine, locale e americana, che cerca di fermarne/controllarne lo smercio, in un unico racconto che Soderbergh alterna tra loro attraverso generi diversi dando l’impressione di creare tre o quattro pellicole differenti che si amalgamano all’interno di una sola passando con disinvoltura dal thriller e/o poliziesco all’action-movie, dal dramma familiare al film giudiziario anche adottando all’occorrenza uno stile simil-documentaristico.
Ma la droga nel film (tra l’altro è al centro di ogni dialogo e/o situazione ma se ne vede pochissima) non è semplicemente merce di scambio ma soprattutto espressione di malessere e di sfiducia (verso la famiglia, verso la società o il “sistema”), di corruzione e di tradimento (burocratico e istituzionale), di deriva consumistica (capitalistica) e di menzogna domestica in cui non c’é scampo per nessuno e in cui nessuno é davvero immune alla sua seduzione.
Coraggioso nella durata e celebrativo nel cast, in questo puzzle alla Altman (evidente l’influenza di Nashiville e America Oggi nella costruzione del film) dalle magnifiche intuizioni visive (il piegarsi in giallo o in blu a secondo dell’ambientazione o dello stato d’animo dei protagonisti) a farla da padrone e a renderla così funzionale a quanto raccontato è necessariamente l’ottima prova registica di Soderbergh ma soprattutto il montaggio, ad opera di Stephen Mirrione, seppur mortificato in parte da un eccesso di schematismo e resa oltremodo complicato dalla frammentarietà del racconto che rende difficile a volte non perdersi nel corso della narrazione ma senza che questo, nonostante il tono e i registri stilistici cambino convenientemente con le intenzioni del regista, ne pregiudichi le emozioni o il fortissimo impatto emotivo.
Splendida inoltre anche la fotografia di Peter Andrews.
Ottimo anche il cast comprendente un misurato ma efficacissimo Michael Douglas e un’intrigante Catherine Zeta-Jones, sexy trafficante/mamma in attesa, ma soprattutto uno sbalorditivo (e premiatissimo) Benicio Del Toro, il “nostro” Tomas Milian e, tra gli altri, anche Don Cheadle, Dennis Quaid, Luis Guzman, Erika Christensen, Albert Finney, James Brolin, Steven Bauer e Miguel Ferrer.
VOTO: 7,5
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