Regia di Francesco Nuti vedi scheda film
La professione di psicanalista deve piacere molto a Francesco Nuti. Alla fine degli anni ’80 ascoltava i suoi pazienti in “Caruso Pascovski (di padre polacco)” e ora un altro Caruso, padre vedovo di un’adolescente difficile, guarda, con l’aria di un commercialista sfiancato, altre persone in difficoltà. L’unico cliente o malato che la storia ha voglia di presentarci è Platinette, travestito da suora, che aspira al papato. Tre siparietti incongrui e deprimenti in un film con il fiato cortissimo. La sceneggiatura sta tutta in poche righe. Papà analista dovrebbe essere un “babbissimo” (come dice il protagonista) ed entra in crisi quando scopre la figlia coinvolta, con altri compagni di scuola, in una serie di furtarelli nei centri commerciali. C’è anche una pistola che la baby gang si passa in una versione moderna del gioco della bottiglia. Lo sforzo dei tre “scrittori” finisce qui. Con questo spunto si potrebbero girare appena cinque minuti di qualunque film. Il resto sono compiaciuti e lambiccati, rispetto alle lacune e alle carenze della narrazione, movimenti di macchina; alcune apparizioni estemporanee di una donna innamorata (Cecilia Dazzi) costretta a galleggiare sopra le righe; due o tre gag da cinema muto; un rimasticato confronto tra il Caruso adulto e il Caruso bambino.
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