Dalla coppia registica del folle Swiss Army Man, ovvero da Dan Kwan e Daniel Scheinert, era lecito non aspettarsi un film improntato alla linearità, ora che da alcuni mesi è balzato alle cronache, oltre che nelle sale, la loro ultima fortunata fatica intitolata Everything Everywhere All at once.
Un film fortunato quanto ad incassi americani, mentre piuttosto snobbato in Europa. Nel nostro paese il film è giunto nelle sale con tempistiche tardive, agevolando l'operato della pirateria, e contribuendo a rendere pressoché nullo il riscontro nei nostri cinema.
Ora il film, forte dei premi aggiudicatisi ai Golden Globe (Miglior attrice protagonista Michelle Yeoh, Miglior attore non protagonista Ke Huy Quan), e le numerose candidature agli Oscar (ben 11) che lo annoverano come il favorito in molte categorie, torna nelle sale per tentare di recuperare un po' di introiti.
Suddiviso in tre capitoli che si prendono ognuno un pezzo del titolo originario (traducibile con Tutto, Ovunque, Tutto in una volta), il film, prodotto dal duo registico e dai quasi onnipotenti fratelli Anthony e Joe Russo, è incentrato sulle disavventure di una famiglia di immigrati cinesi, i Wang, composta da una coppia di coniugi cinquantenni divorziandi, titolari di una problematica lavanderia a gettone, nonché alle prese con le problematiche legate alla gestione di un ménage familiare caotico che li impegna anche nella gestione di un anziano padre di lei piuttosto viziato e bisbetico, e di una figlia lesbica che non si sente sufficientemente compresa od integrata, soprattutto dal momento che le sembra che la genitrice non voglia accettare la sua fidanzata come un effettivo membro della famiglia.
Ma il problema più impellente che occupa la coppia, è la discutibile posizione fiscale in cui si trova l'attività economica che i due gestiscono nel costante caos che li sovrasta.
Convocati dinanzi al sommo giudizio di una integerrima consulente fiscale vestita color senape, la risoluta Deirdre Beaubeirdre (una spassosa Jamie Lee Curtis), la spaesata e stressata Evelyn scoprirà la possibilità di potersi connette con differenti dimensioni parallele.
Si tratta del cosiddetto "multiverso", un luogo teorico che include le molteplici dimensioni verso cui si diramano le vite di ogni individuo in base alle differenti scelte intraprese.
Mondi separati ed autonomi attraverso cui la spaesata Evelyn viene dapprima catapultata, subendone le conseguenze, ma finendo alla lunga anche per sfruttarne le opportunità per utilizzarle a proprio uso e consumo, in modo da riuscire a raccapezzarsi entro un imbroglio che pare inestricabile.
Dal punto di vista tecnico il film è sorprendente per come riesce a coniugare la dinamica di un action allo stato puro, rivisitato in chiave domestico-familiare, alla commedia anche sofisticata nei dialoghi e nelle caratterizzazioni dei singoli personaggi.
Questi ultimi danno infatti vita alla vera forza del film, che trova nelle interpretazioni di una trascinante e sempre assai marziale Michelle Yeoh e dell'ex bambino prodigio di Indiana Jones e il tempio maledetto, Ke Huy Quan, due vere e proprie forze della natura.
Ma è una strepitosa Jamie Lee Curtis l'elemento che riesce a sorprendere più di chiunque altro, impegnata a dare corpo e ancor più anima alla tenace e combattiva "azzeccagarbugli" dell'ufficio delle tasse.
Per la mitica figlia di Tony, nonché mai detronizzata regina dell'horror, una statuetta per il ruolo sarebbe una circostanza doverosa e soprattutto gradita, oltre che opportuna.
Il film della strampalata ma geniale coppia di registi Kwan e Scheinert diverte abbastanza lungo i suoi sin esagerati ed esagitati 140 minuti di durata, ma si crogiola anche spesso in situazioni ridondanti e ripetitive che finiscono per sbalestrare lo spettatore, catapultandolo lungo sentieri tortuosi e saliscendi che, alla lunga, finiscono per rivelarsi un po' troppo fini a loro stessi, se non proprio stucchevoli.
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