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Everything Everywhere All at Once

Regia di Dan Kwan, Daniel Scheinert vedi scheda film

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La recensione su Everything Everywhere All at Once

di supadany
8 stelle

Regole da (non) rispettare e tempi confusi (da esorcizzare). Mentre soffochiamo sotto una cappa stracolma di problemi, perdiamo di vista quelle che dovrebbero essere le priorità, non riuscendo a venire a capo nemmeno di quelle questioni che appartengono all’ordinaria amministrazione. Per individuare una via d’uscita, servirebbe modificare di sana pianta gli schemi ricorrenti, meglio ancora riuscire a evadere da una routine che non concede spazio alla fantasia, ripensando a tutte le scelte che assumono la sembianze di porte scorrevoli, in grado di spalancare strade alternative.

Come accade in Everything everywhere alla at once, un film a tutto campo e inusuale (che il distributore italiano – I Wonder pictures – rimarca mantenendo il titolo originale nonostante la sintassi e la semantica avrebbero suggerito di apportare una traduzione), una scheggia impazzita che parte anzitempo per la tangente, fuori scala nella quasi totalità delle sue macroscopiche peculiarità (come una durata eccedente e una suddivisione in capitoli del tutto asimmetrici), con una lunghezza d’onda emancipata e in costante trasformazione, da agganciare per non uscirne tramortiti (e scontenti).

Il mondo di Evelyn (Michelle YeohLa tigre e il dragone, The lady) sta crollando. La sua lavanderia è sottoposta a un accertamento fiscale che non promette nulla di buono, suo marito Waymond (Jonathan Ke QuanIndiana Jones e il tempio maledetto, I Goonies) vuole divorziare e sua figlia Joy (Stephanie HsuLa fantastica signora Maisel, Shang-Chi e la leggenda dei dieci anelli) è uscita allo scoperto presentandole la sua ragazza.

La situazione precipita definitivamente quando si presenta al Fisco. Mentre è incalzata da Deirdree Beaubeirdre (Jamie Lee CurtisTrue lies, Halloween – La notte delle streghe), suo marito le rivela l’esistenza di un numero considerevole di universi paralleli e che proprio lei è l’unica in grado di salvarne l’equilibrio, per giunta messo a soqquadro proprio da altre versioni di Joy.

Nonostante lo smarrimento iniziale, Evelyn riuscirà a districarsi all’interno di un labirinto costituito da sterminate connessioni, dove ogni paletto conosciuto è divelto e diventa indispensabile ragionare con modalità inedite per arrivare alla soluzione definitiva.

 

Michelle Yeoh, Stephanie Hsu, Ke Huy Quan

Everything Everywhere All at Once (2022): Michelle Yeoh, Stephanie Hsu, Ke Huy Quan

 

Concepito da Daniel Kwan e Daniel Scheinert come risposta a Matrix già nel 2016 e concettualmente preso d’infilata dalla Marvel (principalmente, vedi Doctor Strange nel multiverso della follia), Everything everywhere alla at once viaggia comunque in un canale a sé stante, premiato dal pubblico internazionale avendo già fatto registrare il maggiore successo commerciale (vedi i dati costantemente aggiornati) della celeberrima casa di produzione A24, vera manna per i cinefili di tutto il globo (vedi la lista delle produzioni in cui è stata coinvolta).

Complessivamente, ogni etichetta gli sta in ogni caso tremendamente stretta. Vagabonda a rotta di collo tra dimensioni che, pur riprendendo i medesimi personaggi, si affrancano tra loro, scatenando un pandemonio che annovera la commedia, strampalata con prevalente predisposizione per il demenziale, l’azione forsennata, la fantascienza che costituisce una cornice nella quale tutto diviene possibile, una spruzzata di thriller e note tra le righe che chiamano in causa il dramma, della comprensione, con l’interlocuzione deficitaria tra generazioni, e delle apprensioni che toccano i cittadini (a partire dall’incubo di finire sotto le grinfie dell’odiata agenzia delle entrate), senza trascurare nemmeno il metacinema.

Detto questo, primeggia il senso per il surreale, che in precedenza i registi avevano espresso a chiare lettere in Swiss army man, accompagnato da una rapidità d’esecuzione vorticosa, che accelera ripetutamente per poi effettuare brusche frenate, scaraventando i protagonisti da un capo all’altro, in un insistente batti e ribatti.

Salti mortali agghindati da una fervida immaginazione, un vaso traboccante di oggetti comuni e funzioni alternative (verbigrazia, poteri speciali vengono attivati da una statuetta da conficcare – con inusitata energia - nel sedere), di scenari (in uno dei tanti, gli esseri umani hanno dei wurstel crudi al posto delle dita) e relativi costumi, con un prontuario di idee che fa segnare il sold out (dentro c’è talmente tanta roba(ccia?) da farsi venire il mal di mare).

Infine, ulteriori crediti scaturiscono dal cast che, di volta in volta, si adegua alle circostanze. Michelle Yeoh è semplicemente eccezionale in tutte le versioni che palesa, Jonathan Ke Quan richiama, per chi ha qualche anno in più sulle spalle, una giovinezza e una freschezza ormai andate perdute, mentre il parterre femminile, contraddistinto da un agonismo esuberante che da solo vale il prezzo del biglietto, trova una sponda prelibata in Jamie Lee Curtis, quanto mai accattivante ed utile alla causa.

 

Michelle Yeoh

Everything Everywhere All at Once (2022): Michelle Yeoh

 

In conclusione, personalmente premio senza la benché minima titubanza Everything everywhere alla at once per il suo lanciarsi a capofitto senza indossare il paracadute, per un moto perpetuo che accumula upgrade evitando di accontentarsi, per la capacità di far saltare il banco con intromissioni ad libitum, avvisando che questa visione poliglotta e bizzarra è assolutamente controindicata a chi predilige le convenzioni (a un certo punto, per dire, i protagonisti si trasformano in due sassi) e comunque sia bisognosa di essere accolta a braccia aperte.

Sbizzarrendosi in un maelstrom svalvolato e iperbolico, che colleziona mode accertate (i multiversi) e alternative pronte all’uopo, puntelli distintivi e ribaltamenti diffusi, smottamenti inconsulti e carambole travolgenti, rifornimenti continui e compensazioni occasionali, conigli dal cilindro e richiami al mondo del cinema, grumi esistenziali e fiondate spiazzanti, associazioni scaltre e discordanze deliranti.

Indaffarato e propulsivo, spumeggiante e stordente.

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Ultimi commenti

  1. obyone
    di obyone

    Daniele, lo definiresti un film mainstream?

    1. supadany
      di supadany

      Si appoggia su quel mondo ma poi è troppo surreale, nerd, caotico e appassionato al cinema per soddisfare quel tipo di pubblico, perlomeno la maggior parte di esso.
      ;-)

    2. supadany
      di supadany

      A prescindere da tutto, non mi divertivo così da parecchio tempo.
      :D

    3. obyone
      di obyone

      Insomma non è abbastanza mainstream. Ciò significa che dalle mie parti non lo darà nessuno. Qui girano solo i Minions e per fortuna Clooney/Roberts hanno mandato in pensione Elvis e Top Gun. La provincia veneta è sempre più sonnolenta...
      ;-)

    4. supadany
      di supadany

      Da noi non credo sfonderà, al più potrebbe raggiungere un dato dignitoso, come fanno presagire i dati del primo giorno di programmazione.

    5. darkglobe
      di darkglobe

      Certo che leggervi ora fa sorridere, ma qui la sfera di cristallo non la ha nessuno. Grazie per la bella rece.

    6. supadany
      di supadany

      Ovviamente, mai e poi mai avrei potuto pronosticargli un futuro così roseo.
      L'ho pure già rivisto in 4k e con la seconda visione mi ci sono raccapezzato anche di più, apprezzandolo nuovamente, in misure diverse e ulteriori.
      Ciò detto, questa incetta di premi, con un quasi cappotto agli Oscar e un record di riconoscimenti (insomma, non sono impazziti solo i membri dell'Academy) mi lascia perplesso.
      Da una parte, rispecchia la moda contemporanea di creare sempre nuovi primati, di concentrare tanto in poche mani (in tal senso, ha contribuito pure "Niente di nuovo sul fronte occidentale"), di strillare con titoloni a effetto, dall'altra veniamo da un'annata ricca di buoni titoli d'autore (non parlo di giudizio personale, bensì di accoglienza generale), come "The Fabelmans", "Gli spiriti dell'isola," Elvis" e "Tar", ed è francamente incredibile che siano rimasti tutti quanti a bocca asciutta, senza dimenticare i sottovalutati/cassati ("Babylon") e due blockbuster come "Avatar" e "Top gun: Maverick" che hanno letteralmente salvato il cinema in sala (sono pur sempre i premi dell'industria) e che nelle categorie tecniche potevano/dovevano avere voce in capitolo.
      Alla prossima sbornia.
      :D

  2. ezio
    di ezio

    spero di vederlo presto....grazie Daniele.

  3. Antisistema
    di Antisistema

    Non dovevo fumare prima di entrare in sala, non c'ho capito un cazzo a livello di fisica, ma ho afferrato tutta la componente invece fislosofico-metafisica, inoltre mi ci sono divertito come un cretino. La sequenza con loro due sassi è roba veramente geniale, volgarotta quella degli hot dog invece. Molteplicità vs uno.

    1. supadany
      di supadany

      Commento da applausi a scena aperta.
      :D

    2. supadany
      di supadany

      Tornando serio, appunto per quello che hai scritto, mi sarei aspettato una risposta migliore da parte del pubblico.

  4. CineNihilist
    di CineNihilist

    Il vero multiverso della follia! Altro che la mediocrata di Doctor Strange 2, qui sì che si sprigiona veramente la follia del multiverso (simile a "Spider-man into the spider-verse"), che si fa sapiente strumento di introspezione per un rapporto madre-figlia, moglie-marito, figlia-padre tutti in rotta di collisione e che rischiano di minare l'esistenza della stessa famiglia sino-americana. Una splendida favola introspettiva e folle, come lo è la vita precaria nel contemporaneo regime capitalistico, che è un concentrato di disillusioni, impegni, doveri, dolori e rimpianti, qui esorcizzati all'ennesima potenza non tanto per denunciare un sistema (quello non lo si può più cambiare da un pezzo), ma per ricostruire un nucleo famigliare disastrato (geniale l'universo "WongKarWaiano"), ormai forse una delle pochissime "certezze" del XXI Secolo (come i due sassi "muti" e "immobili" di un pianeta Terra privo dell'esistenza umana che mi ha ricordato il nichilismo misantropo di Soul).
    Insomma, i Daniels ci dicono di abbracciare la follia e la bizzarria per rimettere in ordine il nostro caos interiore, di abbracciare spontaneamente l'empatia e la gentilezza umana; qualità ormai sempre più rare anche nelle persone comuni che non arrivano a fine mese, perché ogni giorno darwinisticamente devono mettere in secondo piano le emozioni e privilegiare il calcolo algoritmico e materialistico per sopravvivere nel regime capitalistico odierno che li opprime.
    Non c'è più il cinema popolare rivoluzionario e di rivolta di un tempo, ma quello sovversivo ed anticonformista che ancora sopravvive nei pochi che ancora vogliono usare il Cinema per trasmettere messaggi sociopolitici, che però alla fine riguarderanno sempre di più il singolo individuo, in quanto il concetto di classe è ormai tramontato con l'atomizzazione della società in un individualismo di massa sfrenato. E allora l'uomo/donna post-ideologico/a del XXI Secolo deve resistere nel mantenere quel poco che gli resta, ossia il suo microcosmo che può essere la famiglia, un partner, gli amici, i propri animali domestici (geniale il procione Ratatouille!!!!), le proprie passioni e qualsiasi altra cosa lo tenga "attivamente" in vita.
    I Daniels ci spingono quindi a ritrovare la passione e l'unità in un mondo multiversale così frammentato ed eppure così connesso come lo è l'iper digitalizzato XXI Secolo.
    Insomma, perfetta rappresentazione della nichilista generazione Z e del sottoproletariato sino-americano con tanto di catartico scontro madre-figlia (tradizione vs progressismo, Occidente vs Oriente) come c'era in "Red", impreziosito poi da un'alternanza buffissima tra mandarino e cantonese che solo il sottoscritto poteva notare in sala.

    I Daniels sono forse gli eredi più diretti del cinema wachowskiano (Lilly gli ha fatto i complimenti per il film su Twitter non a caso), visto che sanno destreggiarsi perfettamente tra mainstream e cinema d'autore purissimo senza scadere nel qualunquismo, anzi, rimescolano le carte tra cinema del passato e del "futuro" per veicolare il loro cinema "weirdo" ed anarchico al limite dell'acid pop come lo era "Speed Racer", che però purtroppo non riceverà mai il successo commerciale ed iconografico di questo capo d'opera che io per ora premio con 4.5 stelle (la commozione è dura da trattenere sul finale).
    Conto di rivederlo altre 2 volte se riesco, anche alla Cineteca di Bologna in lingua originale. La A24 è l'antemurale all'impero marvelliano depensante: Doctor Strange in the multiverse of madness 0 Everything Everywhere All at once 100 (milioni)

    Complimenti per la recensione come sempre Daniele e alla prossima ;)

    1. supadany
      di supadany

      Complimenti a te per un commento che vale come una recensione.
      ;-)

    2. CineNihilist
      di CineNihilist

      Prima o poi la scriverò ;)

  5. LAMPUR
    di LAMPUR

    Delusione in tutti i multiversi possibili.. mamma mia! :(

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