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Uno specialista - Ritratto di un criminale moderno

Regia di Eyal Sivan vedi scheda film

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La recensione su Uno specialista - Ritratto di un criminale moderno

di lamettrie
9 stelle

Film utilissimo: mostra le ragioni dell’utilità, pressoché esclusiva, di un rifacimento diretto alle fonti di ciò che si vuole dire; un rifacimento diretto ai fatti che sono la dimostrazione di ciò che si vuol dire.

Questo si chiama giornalismo, quello vero. E questo si chiama anche empirismo: gran parte delle scuole filosofiche hanno attinto ad esso, e credo abbiano reso un buon servigio alla verità, e quindi all’edificazione di un mondo migliore. Infatti sulle balle non si edifica proprio niente di buono, ma solo qualcosa di cattivo: e affidarsi alle balle è sbagliato anche se le balle sono costruite in modo tecnicamente mirabile. La fantasia (non sto parlando certo della creatività ch parte dai fatti, e a cui resta ancorata), l’evasione hanno reso invece un gran brutto servigio alla verità e alla felicità degli uomini.

Ecco, per capire la statura morale, l’anelito alla felicità comune che il nazismo porta con sé come movimento e che Eichmann porta con sé come individuo libero, consapevole e responsabile delle proprie azioni (e consciamente aderente al nazismo): ecco questo film mostra già tutto. Lo mostra nelle confessioni che lo stesso Eichmann fa, perfino in un contesto in cui gli conviene ammettere il meno possibile. Quindi il succo del film sta nel servilismo interessato dell’imputato: ha collaborato a grandi schifezze, le ha rese possibili, eppure non ha mai fatto niente di così orrendo, almeno in apparenza. La logica di Eichmann è senza dubbio la logica del nazismo, e di tutte le dittature (che apparentemente salvano tutti dall’accusa di essere i responsabili di gravissime colpe, per una ricerca di colpevole correità). Eppure è la logica di ogni strategia conservatrice; e, tra esse, è la logica del capitalismo, che non a caso è uno degli alleati di primissimo piano di ogni nazifascismo (ma non di ogni dittatura, come mostrano le dittature comuniste). Conta solo l’efficienza, per un nazista apprezzato, conta raggiungere gli obiettivi per un Eichmann di turno, il quale può sempre giustificarsi dicendo che non può sapere i destinatari che subiranno un male ingiustificabile, e può sempre dire che ha fatto solo il suo dovere, di obbedire a un suo superiore, e che senza tale obbedienza (così deprecabile, però, agli occhi di persone non troppo malsane moralmente), avrebbe quanto meno perso il lavoro e la sopravvivenza economica, il che è l’unico obiettivo di vita di un vero capitalista, il quale trascura tutti gli altri aspetti rilevantissimi della vita, però, di norma. Ma è facilmente dimostrabile, come il film mostra, che l’Eichmann mente: infatti sa benissimo quali sono le conseguenze prossime, e lontane, dei sui atti.

E tali conseguenze le sapeva anche quell’altissima autorità della chiesa cattolica in Alto Adige, che era Alois Pompanin: le sapeva perché i fatti erano ormai avvenuti e finiti da tempo, e già c’era tutta l’informazione tesa (per fortuna!) a mettere in luce i crimini del nazismo, ben prima della utilissima testimonianza della Arendt da cui nasce questo film. Eppure il vicario generale della diocesi di Bressanone Pompanin ha fornito i passaporti falsi per l’espatrio clandestino di un criminale del genere;  e ha fatto lo stesso anche per vari altri grandi criminali nazisti (Priebke…). E non ha certo subito provvedimenti nell’immediato, anzi:  per la chiesa cattolica era stato nominato perfino prelato d’onore di Sua Santità.

Il film è lungo, indubbiamente anche troppo: la prima delle due parti andava snellita di certo. Ma nella seconda c’è la crema. E che crema…

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