Quando da stalkerati si può potenzialmente diventare stalker...
WATCHER (2022) di Chloe Okuno.
Una coppia americana si trasferisce a Bucarest. Mentre lui lavora quasi tutto il giorno lei passa il tempo ad ambientarsi per la città, fare nuove conoscenze e ad imparare la lingua. Specialmente la notte rimarrà tormentata da una losca figura in lontananza che la osserva continuamente da una finestra nel palazzo di fronte a casa sua.
Direi che come thriller psicologico ci stiamo. La tensione è altalenante, ma in lento crescendo e fa’ leva su due elementi: la continua paranoia di lei su qualcuno che la insegue e alimentata da eventi esterni, ma vicini e il dubbio che allo spettatore viene se tale paranoia è fondata oppure no.
L’ambientazione è quella giusta, in una Bucarest grigia dove tutti giustamente parlano rumeno e la protagonista è spaesata, praticamente da sola se non con il compagno che fa’ quel che può per consigliarla e rimediare alla sue paure, ma con malcelato scetticismo.
Elementi narrativi e indizi su come proseguirà la storia ce ne sono, il film parla più per immagini che di parole, anche perché buona parte sono in rumeno e senza sottotitoli, giusto a marcare l’immedesimazione nella protagonista.
A parer mio, anche se la durata è di un Esorciccio netto, per quel che doveva raccontare almeno una decina di minuti li avrei tagliati, ma anche un mediometraggio di mezz’ora-tre quarti sarebbe stato più efficace.
Il finale è abbastanza telefonato, anche se di poco, ma bello impattante. Mentre il cosiddetto “stalker” meritava un po’ più di spazio e caratterizzazione.
Un film nella media, una discreta sceneggiatura, una trama semplice ed una regia modesta.
Non me ne voglia la Okuno, ma l’avesse girato John Carpenter, avrebbe fatto tre volte più paura già solo con le inquadrature.
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