Regia di Riccardo Milani vedi scheda film
Grazie Milani! Questo è un dono alla settima arte, ma anche al teatro dal quale essa origina. Un racconto che emoziona, parlando di emozioni. Che umanità siamo? Chi o cosa aspettiamo? Ma, soprattutto, siamo liberi? Cosa ci definisce come esseri umani?
Negli ultimi mesi... negli ultimi anni ho visto molte cose: serie spacciate per film, riempitivi per abbonamenti digitali, propaganda ammantata di cinema, sequel che sembravano parodie di remake, perfino registi di fama naufragati nella Rete e travolti dalla moda becera del momento, al soldo dei nuovi padroni dell'intrattenimento. Oggi, finalmente, ho visto di nuovo CINEMA.
Non è un film perfetto, nè il migliore di Milani (che per me rimarrà probabilmente per sempre Auguri professore), però è CINEMA. Ci sono situazioni irrisolte, una dose non indifferente di retorica, un finale un po' raffazzonato, e qualche stucchevolezza di troppo. Eppure tutto scivola in secondo piano, mentre diventiamo parte della messinscena, attraverso dialoghi e narrazione che seguono un climax da manuale, evolvendo all'unisono e sbocciando in un tripudio di parole, emozioni, espressioni, provocazioni, citazioni e riflessioni che si amalgamano senza soluzione di continuità dallo schermo al cuore dello spettatore. Parla con il cuore e al cuore, Grazie ragazzi, ed è con il cuore che dobbiamo decifrarlo e recensirlo. Non con la testa, nè con la pancia. A metà dell'opera ti aspetteresti i titoli di coda, e invece il meglio deve ancora arrivare, e si dipanerà attraverso una serie di eventi a volte del tutto imprevedibili, e altre volte più "telefonati", ma non per questo non godibili.
La storia funziona. Magari tra alti e bassi, ma non importa: le prove attoriali rimorchiano tutto il resto. Trascinano, esaltano, coinvolgono, estasiano. Albanese giganteggia, senza se e senza ma. Dopo tante interpretazioni, alcune troppo trattenute e imbriglianti (penso a Giorni e nuvole, ma anche a Come un gatto in tangenziale), e altre macchiettistiche (nei panni di Cetto), qui emerge per intero il potenziale attoriale. Il lavoro registico a monte c'è ed è palpabile. Su e giù dal palco, non fa differenza: ci sembra di veder recitare l'intero cast in teatro, dall'inizio alla fine.
Una delle caratteristiche che più apprezzo nel cinema di Milani è la volontà, che spesso si manifesta anche sotto forma di capacità, di fondere e raccontare la dimensione sociale e quella individuale, riuscendo a coinvolgere e suscitare riflessioni a più livelli.
Mai come oggi viene da dire che non abbiamo bisogno di un cinema perfetto, bensì di CINEMA, cioè quello che giorno dopo giorno scoccombe e si annacqua nelle speculazioni e nelle pianificazioni aziendali che trasformano l'arte in commercio e gli spettatori in clienti, possibilmente affetti da dipendenze compulsive. E il teatro - oggi lo vediamo più chiaramente - si conferma non soltanto capostipite dell'arte di cui il cinema ha preso prepotentemente il testimone, ma anche versione più nobile e pura di intrattenimento, che presuppone abnegazione e sacrificio.
Viva il cinema! Viva il teatro! Viva Milani!
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