Regia di Ettore Scola vedi scheda film
Voglio essere generoso con questo film perché, pur accentuando i difetti abituali di Scola (bozzettismo, didascalismo), affronta un argomento che, al di là delle chiacchiere, continua a essere tabù in Italia. Con le parole dello storiografo Michele Sarfatti, “La persecuzione degli ebrei varata nel 1938 violentò gli uomini e le donne, le loro identità, le loro coscienze, i loro rapporti sociali, i loro affetti. [...] Una parte degli adulti - in particolare gli anziani - mantenne legami con la società circostante, i più giovani si rinserrarono nella famiglia e nell’unica socialità loro consentita: quella intraebraica. Questo processo si interrelò col progressivo impoverimento delle famiglie e dei singoli. I tassi di nuzialità e procreazione crollarono”. Scola mostra tutto ciò attraverso la vicenda esemplare di due commercianti, uno ebreo e l’altro ‘ariano’ (e che il secondo venga interpretato da Abatantuono non può non apparire ironico), inizialmente rivali. Poi i loro trucchetti per attirare la clientela, le reciproche punzecchiature diventano cosa da nulla rispetto a quella “concorrenza sleale” evocata dal sardonico titolo, ossia le leggi che con drastica semplicità vietano agli ebrei di esercitare una serie di attività lavorative. È solo allora che l’‘ariano’ prende coscienza della situazione e comincia a vedere nell’altro un proprio simile: risultato esattamente contrario a quello previsto dalle leggi in questione, che miravano appunto a disumanizzare gli ebrei, a farli considerare irrimediabilmente diversi. Il film illustra con minuzia documentaristica le restrizioni adottate nei confronti della comunità ebraica, da quelle meno gravi ma comunque lesive delle libertà personali (il divieto di possedere una radio) fino allo spossessamento di sé costituito dalla perdita del lavoro, della casa, della possibilità di mandare i figli a scuola. L’ultima scena mostra il trasloco forzato della famiglia del commerciante: il resto (la retata del 16 ottobre 1943, la deportazione ad Auschwitz, la morte) è noto, e viene opportunamente lasciato all’immaginazione dello spettatore. Forse non un film da Oscar, ma da proiettare nelle scuole certamente sì, soprattutto di questi tempi.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta