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Living

Regia di Oliver Hermanus vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Living

di yume
8 stelle

un'altalena molto ben meritata

locandina

Living (2022): locandina

Il secondo movimento della Serenata per archi in mi maggiore di Dvorak apre le danze.

All’incrocio di Piccadilly Circus i rossi tram a due piani filano via a tempo di valzer, donne con vestiti a fiori o severi tailleurs anni ’50 vanno di fretta a passettini lievi, gentlemans con bombetta e ombrello corrono in stazione e si mettono educatamente in fila, una copia del Daily News sotto il braccio e guai far battute di spirito, al mattino il gentleman non gradisce troppo divertimento.

Leggero, fluttuante, allegro come l’altalena con cui Mr. Williams (Bill Nighy) si dondola felice nel pre-finale, cantando una vecchia ballata scozzese sotto la neve, il tema sonoro è vitale e accogliente, stride con il polveroso ufficio del Comune, sezione lavori edili, pile di pratiche inevase sui tavoli, piccoli travet seduti uno accanto all’altro e Mr. Williams al posto d’onore del capufficio.

Sullo sciame vociante dei bambini che la mamma richiama a casa dai giochi nel finale, la Fantasia su un tema di Thomas Tallis scritta da Vaughan Williams, un brano di qualità eterea e ultraterrena su note di 450 anni fa, si stende e prosegue sui titoli di coda.

La musica è un asse portante del film, faremmo fatica a digerire quelle facce vuote, grigie, di uomini e donne, ma soprattutto uomini, mummificati ancora prima di morire.

E infatti Mummia (nel film zombi, ma nell’originale di Kurosawa è mummia) è il soprannome che la frizzante Mrs. Harris (Aimée Lou Wood) ha affibbiato a Mr. Williams.

Nessun problema, la ragazza aspetta di diventare vicedirettrice in un altro posto, non invecchierà lì come gli altri.

Mrs. Harris è la fata turchina di Pinocchio, il deus ex machina dei grandi tragici, il folletto malizioso che riporta il sorriso al severo Mr. Willliams, che da bambino sognava di diventare un gentleman, ma che ora ha un cancro che gli lascia solo qualche mese di vita.

 

Living di Hermanus alias Ikiru (Vivere)di Kurosawa Akira, Mr. Williams a Londra, Watanaba san a Tokyo.

 

Meditazione sulla vita e sulla morte, l’uomo comune, piccolo travet di una sezione del Municipio, un nulla con cappello in testa, è l’eroe dell’epos quotidiano.

La vita è così, ci si accorge degli anni dietro le spalle solo quando sono passati e che si fa?

Si medita, al buio, a occhi chiusi.

Se sei fortunato incontri una dolce fanciulla che ti spiega il senso della vita, e crepino le malelingue dei vicini, del figlio e della nuora che proiettano i loro sudici pensieri sulla coppia.

Hermanus si è ispirato a Kurosawa Akira, a sua volta alle spalle di Kurosawa c’è Welles di Citizen Kane, un accostamento fra Umberto De Watanaba, il protagonista di Kurosawa, è d’obbligo, ma c’è soprattutto la grande narrativa russa, da Gogol a Dostoevskij, senza dimenticare i richiami al Faust a suggerire rimandi ed equivalenze.

Il capolavoro del Maestro giapponese, fra i primi cento film della classifica di Time, non teme confronti, opera di un regista capace di muoversi sempre con naturalezza dentro prospettive intellettuali cosmopolite, per raccontarci di popoli e individui con la semplice verità dell’epos di ogni tempo.

Living è un nipotino diligente, ben realizzato, rispettoso di tanto Maestro.

Settanta anni li separano, nel 1952 Kurosawa era a metà strada, Ikiru era il tredicesimo di trentuno film, e già capolavoro.

Hermanus ne ha di strada da fare, ma promette bene e all’ombra dei grandi Maestri è piana e bella.

Credito principale del film è la parte affidata a Bill Nighy.

Longilineo, asciutto, stirato come una camicia fresca di bucato, poche parole e labbra strette, incute sacro timore agli impiegati di cui è capufficio.

Se il regista non ci portasse subito dentro quell’ufficetto di pochi metri quadri potremmo anche pensare che si tratti di un membro della Camera dei Lord.

Seduto sulla panchina al parco, luogo topico dei pensionati, ripreso di spalle, i colori sgranati della pellicola stile anni ’70, tutto congiura a  far credere che così finirà, polvere nella polvere. L’inutile tentativo di affogare la tristezza con dosi massicce di sakè a Tokyo e wisky a Londra, i fumosi  locali notturni con donnine allegre improbabili amiche di una notte, non servono. Un Mefistofele gentile e disinteressato ai suoi soldi e alla sua anima (forse si è accorto che non ne ha più tanta), lo ha seguito per un po’, ma il vero miracolo di fine vita è stata la signorina Harris, infaticabile creatrice di calzanti soprannomi per i colleghi.

L’anziano signore scoprirà che ridere non è peccato e che fare del bene a qualcuno conviene, fa bene alla pelle e all’umore.

Quel giardinetto con giochi per bambini che i solerti funzionari comunali hanno rimandato da Ponzio a Pilato si farà, con perfetto self control Mr. Williamssi si siede nell’ufficio del capo dei capi e assicura che non si muoverà da lì se non a permesso ottenuto.

Quell’altalena l’ha meritata, ora può morire in pace.

 

Ciascuno ha il sonno che gli tocca, e il tuo sonno è infinito di voci e di grida, e di terra, di cielo, di giorni.

Dormilo con coraggio.

(C.Pavese, da I dialoghi con Leucò)

 

 

 

www.paoladgiuseppe.it

 

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