Regia di Maurizio Forestieri vedi scheda film
Una fiaba i cui destinatari non sono solo i bambini, ma soprattutto noi, gli abitanti di Spes. Il potere evocativo dell'animazione di qualità sfruttato con passione ed impegno civile per raccontare il dramma dell'emigrazione.
Tecnica ed emozione per scuotere le coscienze o educarle fin da piccoli in questo mediometraggio di animazione, che non è solo per bambini, nonostante la RAI abbia fuorviantemente stabilito di programmarlo su Rai Gulp; ma è meglio che niente.
I telegiornali italiani forniscono una discreta copertura del "dramma dell'emigrazione" e delle sue radici, offrendo immagini anche crude. Gli autori di quest'opera hanno perfettamente colto il "valore aggiunto" offerto dall'animazione: evocare analogie, rappresentare sogni, ricordi, fiabe, come in altri film di animazione drammatici (si pensi a "Valzer con Bashir"). E così già nell'apertura, con le dune del deserto che assumono le forme di corpi, si capisce di trovarsi di fronte ad un capolavoro, come si confermerà coi profili delle montagne che diventano volti e braccia enigmatici e le onde della tempesta pugni e serpenti marini. E poi i continui flashback durante il viaggio e la musica senza violino che fa crollare il muro (ispirato dalle trombe di Gerico?). I riferimenti a fatti e situazioni reali sono continui: il divieto di suonare musica in certi Paesi, la guerra che distrugge città bellissime, la separazione dai propri cari, le amare rinunce di chi deve accettare le condizioni di chi approfitta della situazione per arricchirsi, la fuga attraverso luoghi inospitali, l'aiuto reciproco, ma non con tutti i compagni di viaggio, i reticolati quando si crede di avercela fatta; e soprattutto chi annega durante la traversata, tra cui donne incinte ed un bambino che non aveva con sé la custodia del violino, ma la sua pagella, che forse è il tragico e toccante episodio che ha ispirato il soggetto. "La custodia" tocca anche temi riguardanti l’educazione che prescindono da quello principale: il bullismo, il potere anche terapeutico della musica (forse si può vedere anche una citazione del video di "Una musica può fare" di Max Gazzé?) e quello della fantasia racchiusa in un'ikebana. Certo, è una fiaba e non tutte le storie di migrazione hanno un lieto fine come questa, non tutti i muri cadono, le braccia degli abitanti di Spes non sono sempre aperte ad accogliere i profughi. Ma è una fiaba che coinvolge, anche per la qualità ed il ritmo della realizzazione, da cui traspaiono non solo competenza tecnica, ma anche passione e impegno civile. E magari convince ad empatizzare coi rifugiati anche i più riluttanti tra gli abitanti di Spes.
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