Regia di Stephen Daldry vedi scheda film
In America film come "Billy Elliott" vengono etichettati con la sigla "wishful thinking" che si può tradurre più o meno "sognare ad occhi aperti", e in questo caso il sogno viene inseguito con una tale tenacia da trasformarsi in realtà, un sogno un po' atipico per un ragazzino come quello di diventare un ballerino. È un po' una versione aggiornata di "Rocky" o di altri film dove il protagonista deve lottare contro un ambiente chiuso e ostile per permettere che il suo sogno si avveri: dunque nulla di così originale, compresa l'ambientazione proletaria alla Ken Loach o i conflitti familiari con il padre ed il fratello che non comprendono le inclinazioni artistiche di Billy, almeno all'inizio (in certi momenti sembra quasi una versione aggiornata di "Kes" di Ken Loach, per quanto realizzata con l'occhio rivolto alla grande platea internazionale, che lo ha premiato con ottimi incassi). Gli elementi tipici del romanzo di formazione ("coming of age" in inglese) e perfino un po' fiabeschi sono inseriti con sagacia in un quadro sociale dai connotati piuttosto aspri, dove spicca lo sciopero dei minatori della contea di Durham di cui si parlerà anche in altri film inglesi come il recente "Pride"; il risultato finale è gradevole, pieno di energia, forse un po' astuto e manipolatore a livello emotivo, ma indubbiamente accattivante e a tratti genuinamente commovente. Nel cast svetta la Mrs. Wilkinson di Julie Walters, l'insegnante di danza i cui spassosi duetti con Billy basterebbero da soli a garantire l'acquisto del biglietto; ben diretto il giovanissimo Jamie Bell che ha continuato in seguito una discreta carriera di attore e convincente anche Gary Lewis nel ruolo del padre operaio dal carattere orgoglioso e testardo. Fra le scene migliori i balletti di Billy che rendono omaggio alla grande tradizione del musical; dal film è stato tratto per l'appunto un musical che l'anno scorso è andato in scena anche a Roma al Sistina.
Voto 7/10
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