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Flawless

Regia di Joel Schumacher vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Flawless

di alan smithee
5 stelle

Due mondi che più opposti sarebbe impossibile immaginare, finiscono per avvicinarsi quando la necessità finisce per renderli solidali, lasciando da parte limiti, preconcetti e discriminazioni in favore di una nuova e più matura visione del vero valore intimo che ci portiamo dentro.

Due “finestre sul cortile”, quello posto all’interno di un palazzo popolare dai tratti fatiscenti che accoglie, su due livelli differenti ma perfettamente visibili reciprocamente, due mondi completamente differenti ed unilateralmente antitetici: quello “regular” e ostentatamente virile dell’ex poliziotto in pensione Walt Koontz, ancora giovane d’età, ma congedato da eroe dopo esser stato ferito in azione in difesa di colleghi altrimenti spacciati, e quello variopinto ed opposto che caratterizza Rusty, musicista e “drag queen” da balera, ovvero travestito in carne, tutto paillettes e gadgets vistosi ed effervescenti, che abita dal lato opposto, poco sopra il primo.

L’ex poliziotto mal sopporta il secondo e tutto il genere, a suo parere sguaiato ed irriverente, a cui questi appartiene, e appare ritroso e restio a tollerare i festini e le aggregazioni di quelli che, seppur con distinguo, definisce come “uomini belli e sprecati che vogliono diventare delle brutte donne”. Quando tuttavia, durante un irruzione da parte di un gruppo di delinquenti all’interno del palazzo, il poliziotto, nel cercare di intervenire, viene colto da un ictus che lo paralizza a metà, ecco che l’uomo, salvatosi in extremis, oltre a seguire una tenace cura riabilitativa per il fisico, si convince a prendere lezioni di canto dal suo eccentrico ed effervescente vicino, ritenute dai medici necessarie per riacquisire un più idoneo uso della propria voce, alterata dalla grave paralisi.

L’incontro tra i due, dapprima gelido e poco proteso verso qualsiasi sorta di cedimento verso una declinazione alla cortesia che vada oltre l’ambito professionale, si scioglie pian piano verso una reciproca stima, rafforzata da una serie di eventi e vicissitudini personali anche drammatiche che rendono i due individui molto più vicini e  solidali di quanto sarebbe stato probabile ipotizzare.

Joel Schumacher, regista discontinuo ma molto attivo e commercialmente di successo lungo tutti gli anni ‘80/’90, spreca colposamente un valido script e soprattutto due giganti di attori come Robert De Niro (davvero meraviglioso e qui tenerissimo in questo suo percorso di graduale avvicinamento ad un sentimento di tolleranza e di riconoscimento/pentimento  verso i propri passati limiti preconcetti) e il compianto Philip Seymour Hoffman, qui costretto dalla scriteriata superficiale sceneggiatura, al pari di tutto il resto della fauna transessual/travestita del caso, a perdersi in svilenti numeri macchiettistici che finiscono per ridurre in burla o farsa carnevalesca un mondo altrimenti sfaccettato che nasconde percorsi e calvari personali trattati altrove con ben altra classe o garbo, e che avrebbe bisogno di meno caricaturalità e invero più spessore, per essere rappresentato con la dignità che certo merita.

Ed il film, peraltro girato anche in modo piuttosto farlocco, talvolta quasi dilettantesco con una camera mobile che percorre movimenti spesso troppo concitati e fotografato da una luce opaca, ovattata e falsa, immotivatamente scura e deprimente, non riesce assolutamente a valorizzare gli indubbi elementi positivi presenti e sopra sintetizzati.

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