Regia di Spike Lee vedi scheda film
Do the Right Thing.
“She's Gotta Have It”, il secondo lungometraggio e un po' di Spike Lee [che, 30 anni dopo, revivalizzerà (come già gli era accaduto nell'immediato recente passato: “Old Boy” da Park Chan-wook, “Da Sweet Blood of Jesus” da “Ganja & Hess” e “Chi-Raq” dalla Lisistrata di Aristofane) da sé la sua stessa creatura - cambiamento principale: il passaggio da eterosessuale a bisessuale - in una serie di due annate per Netflix, via di mezzo fra un remake e un reboot, con protagonista DeWanda Wise al posto di Tracy Camilla Johns, attrice di quasi un solo film, e che film, cioè questo], da lui interamente scritto, diretto (in una dozzina di giorni) e montato (con l'aiuto di Barry Brown, suo collaboratore da/di sempre, qui anche alla cura del sonoro), oltre che il primo tanto ad essere prodotto dalla sua neofondata 40 Acres and a Mule FilmWorks (col supporto di qualche product placement) quanto ad appartenente alla “serie” delle Cronache di Brooklyn (“Do the Right Thing”, “Crooklyn”, “Clockers”, “He Got Game” e “Red Hook Summer”), ed orgogliosamente esente da “Gerri Curls!!!” e “Drugs!!!”, è la storia della stagione di passo della poco più che ventenne Nola Darling, nata il 19 di maggio come Malcolm, un tipo molto “Down By Law” (e protagonista dell'ultimo film della collaborazione con Ernest Dickerson, il suo sodale direttore della fotografia sin dagli esordi, che qui gira in B/N e 16mm (e con l'aiuto di fermi immagine: fotografie, sempre in B/N, a illustrare i titoli di testa...
...messi a prologo, ad opera di David Lee, fratello del regista, e fotogrammi, verso la fine, a raccontare il viaggio in metropolitana di Jamie verso casa di Nola), tranne per un inserto a colori (35mm), una lunga e bellissima scena di danza che termina con un blooper: uno sguardo in macchina diretto e colposamente casuale, causato da un piccolo imprevisto, e scientemente...
...mantenuto nel montaggio finale dal regista: “espediente” presente nel cinema sin dagli albori, e anzi proprio nato con esso, giungendo sino all'oggi, ad esempio →qui←, ne “i Cormorani”, altro film che gioca sul limine fra non-fiction e mokumentary), còlta mentr'evolv'e muta dal coltivare i propri folli amori alla consapevolezza ch'è proprio ciò quel che vuol realment'e veramente fare.
“Don't you think that your near-rape of me was a good enough reason?”
Al vertice della piramide triangolare: Tracy Camilla Johns; ai suoi piedi, uno per ogni angolo: Redmond Hicks, John Canda Terrell e lo stesso Spike Lee. A gironzolar nei pressi dei dintorni: Raye Dowell e Joie Lee (sorella del regista), le amiche - una lesbica, l'altra ex coinquilina - della protagonista, Epatha Merkerson, la psico-sessuologa, e Cheryl Burr e Aaron Dugger, i ballerini.
Colonna sonora protagonista assoluta: quella originale, scritta, suonata e curata da Bill Lee, classe 1928 e padre del regista, e poi quella non originale, con brani di Babatunde Olatunji e degli Strafe.
“The dream is the truth. Then they (the women) act and do things accordingly.” - Zora Neale Hurston (“Their Eyes Were Watching God”), in esergo.
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