Regia di Frances O'Connor vedi scheda film
Dopo il film del lontano 1979 intitolato Les Sœurs Brontë di André Téchiné, con tre dive francesi del calibro di Isabelle Adjani (Emily), Marie-France Pisier (Charlotte) e Isabelle Huppert (Anne), l'attrice Frances O'Connor, esordiente in regia, dirige con carattere una biografia sulla tormentata famiglia di artisti, incentrata sulla figura inquieta e orgogliosa di Emily.
Approdato da mesi ormai nelle sale francesi, il film in costume Emily esce finalmente in sala nel nostro paese.
L'esordio della O'Connor è incentrato sulla figura di Emily Jane Brontë, sorella minore dell’altrettanto famosa Charlotte (autrice di Jane Eyre), durante la sua breve ma intensa vita tutta protesa a trasformare i drammi esistenziali e l’emotività interiore nel romanzo che la rese una scrittrice unica e indimenticata: Cime tempestose.
Il film, la cui uscita in Italia nelle sale è prevista solo il 22 di giugno p.v., costituisce il promettente esordio in qualità di regista dell’attrice cinquantacinquenne australiana Frances O’Connor, che alcuni cinefili cinquantenni ricorderanno in pieni anni ’90 nella commedia scatenata e lesbo Amori e altre catastrofi di Emma-Kate Croghan (1996) e nel road movie a tinte noir Kiss or kill di Bill Bennett (1997).
Sul letto di una morte assai prematura, circostanza che condivisero peraltro i quattro figli dell’agiata famiglia Brontë, l’ inquieta Emily si appresta a raccontare alla sorella Charlotte come riuscì ad avere l’ispirazione per scrivere un’opera così rivoluzionaria e anticonformista come Cime tempestose.
Lo spettatore ottiene la risposta rivisitando i momenti salienti della maturazione della giovane, a cominciare dall’arrivo, nella chiesa gestita dal padre pastore, dell’affascinante giovane curato William Weightman.
Tra i due nacque un’appassionata, breve e sfortunata storia d’amore, interrotta bruscamente dal giovane uomo di chiesa, impressionato dagli istinti e dagli atteggiamenti duri e battaglieri di una Emily in grado di provocargli soggezione e sensi di colpa devastanti.
La vicinanza tra i due, complicata dal fatto che il giovane, per volere del padre di Emily, diviene anche il precettore della giovane nel perfezionamento della lingua francese, renderà tutto più complesso e porterà la ragazza verso una presa di coscienza della ineluttabilità del suo destino, che certamente influenzerà la stesura del suo capolavoro letterario.
Frances O’Connor si cala in modo ostinato e concreto tra le complesse relazioni familiari che hanno caratterizzato la famiglia di scrittori e scrittrici dei Brontë.
Un’opera così all’avanguardia che la stessa primogenita Charlotte, autrice del non meno noto ed apprezzato Jane Eyre, non riusciva a capacitarsi che potesse essere uscito dalla penna e dalla ispirazione di una sorella che non credeva così dotata.
La O’Connor sviscera le angosce che ribollono in capo alla famiglia delle scrittrici, e si concentra su Emily senza tralasciare di tratteggiare i caratteri non meno cupi e tormentati almeno di Charlotte e del secondogenito Branwell, incerto sul proprio cammino artistico e perennemente diviso tra pittura e scrittura, fino a divenire succube dell’alcolismo con l’abuso di laudano, che lo portò a morire tre mesi prima di Emily, nel 1848.
Nonostante qualche momento un po’ accademico, il film funziona soprattutto per come riesce a far trasparire il fremito e l’ansia che si impadroniscono dei componenti di quella famiglia inquieta.
Alla sostanziale riuscita dell’opera contribuisce in maniera determinante il valido cast coinvolto, in mezzo al quale possiamo citare il baldo e aitante Oliver Jackson-Cohen nei panni dell’incerto e conteso William Weightman, mentre il noto Fionn Whitehead impersona un Branwell Brontë sulla via della perdizione. Ma soprattutto la vera protagonista, ovvero la bella e seducente attrice francese Emma Mackey, scelta con assennata pertinenza per rendere i sussulti e le ansie di una Emily sulla via del calvario che l’ha resa unica e immortale attraverso il suo capolavoro.
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