Regia di Daniele Vicari vedi scheda film
Campagne reatine. L'ottuagenario Orlando, uomo tutto d'un pezzo dalle poche parole e tutte in dialetto, riceve un'inaspettata notizia: suo figlio Valerio sta male. Da ragazzo Valerio era fuggito a Bruxelles, alla morte della madre, e quella ferita non si è mai rimarginata. Ma Orlando si precipita comunque in Belgio, nonostante conosca a malapena l'italiano e sia totalmente avulso da qualsiasi forma di tecnologia sopraggiunta nell'ultimo mezzo secolo. Ad aspettarlo troverà una sorpresa che rivoluzionerà ulteriormente la situazione: Lyse, la figlia dodicenne di Valerio.
È una storia intensa, che mira alla qualifica di straziante, quella di Orlando; scritto da Andrea Cedrola e dal regista Daniele Vicari, il film racconta le vicende di un anziano semianalfabeta cresciuto e vissuto nell'entroterra laziale che di colpo si ritrova in quella modernità da lui sempre rifuggita con sdegno, per conoscere una nipotina 12enne di cui neppure sapeva l'esistenza. Lo scontro è su tanti fronti, non solo tra passato e futuro; c'è qui anche l'eterna battaglia tra campagna e città, come quella tra natura e tecnologia e quella tra patriarcato e società odierna di pari diritti e opportunità; c'è un conflitto tra generazioni che salta di netto un gradino, mettendo faccia a faccia nonno e nipote; e c'è naturalmente la presa di coscienza esistenziale di un uomo arrivato ormai al termine dei suoi giorni che precipita nel tunnel dei rimorsi, dei rimpianti, degli errori di una vita intera. Per tutte queste ragioni era difficile trovare un interprete più preparato e più efficace di Michele Placido per il ruolo da protagonista; purtroppo però non si può dire in alcun modo che la piccola (ha tempo per rifarsi, chiaramente) Angelica Kazankova, alla prima esperienza in un ruolo tanto importante, sia all'altezza della situazione. Nel cast anche Fabrizio Rongione, Christelle Cornil, Daniela Giordano e Federico Pacifici. Il prodotto nel complesso può dirsi riuscito, al netto di qualche sbavatura narrativa – principalmente lungaggini che possono sembrare superflue, ma che rendono in maniera più convincente l'idea del personaggio taciturno, schivo, emotivamente frigido in apparenza, ma che cova dentro di sé una disperazione lunga una vita. 5,5/10.
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