Regia di Umberto Carteni vedi scheda film
Valentino è un giovane ragazzo pugliese che anni prima si è trasferito a Milano per lavoro, ha conosciuto Costanza, che ha sposato e con la quale ha costruito un’importante azienda nel settore dei design. L’oscuro passato di Valentino Tarocco non è mai venuto a galla ma, il passato torna, sempre.
L’operazione di rifare un film francese non sempre si rivela un successo, anzi. Trasferire la comicità da una lingua all’altra è cosa difficile da realizzare e spesso si incappa in un film che sembra menomato di idee o piuttosto di spunti di trama. È proprio ciò che accade alla pellicola di Umberto Carteni che non funziona già dalle prime battute. Sembra incapace di creare basi della narrazione tali da rendere il racconto coinvolgente per chi guarda e, in quello che mostra, non sembra esserci nulla di interessante o divertente.
Provando ad analizzare, senza andare neanche troppo a fondo, ciò che ci troviamo di fronte, vediamo un uomo ricco ma insoddisfatto che ha rinnegato le sue origini e la sua famiglia per il successo e per il vile denaro e che solo “perdendo la testa” riuscirà a ritrovare sé stesso. Ebbene qualcosa di interessante ci sarebbe pure, se non fosse messo in scena come la più bonaria parabola del figliol prodigo, che vira all’importanza della famiglia sopra ogni cosa.
Anche in questo caso non ci sarebbe poi nulla di male, direte voi, ognuno sceglie e persegue le proprie priorità ma, se tutto stride e nulla di ciò che viene raccontato sembra avere un senso, se ogni prospettiva sembra scialba e inconsistente, la colpa va ricercata nel modo in cui la sceneggiatura è stata scritta e/o nel modo in cui gli attori decidono di interpretarla.
Riccardo Scamarcio e company sembrano infatti i primi portatori di quel senso di estraneità che si percepisce per tutta la durata della pellicola. Che poi, anche in quel caso, non è chiaro se questa bolla di apatia recitativa sia dovuta all’incapacità della sceneggiatura di rendere partecipi gli attori, tanto quanto gli spettatori, oppure sia perché la stessa è sottovalutata e poco considerata dagli stessi.
Per assurdo la parte più simpatica dell’intero film, risultano essere proprio tutti quei momenti in cui i protagonisti sono nella decadente tenuta di famiglia. Gli attori che ne compongono il colorito nucleo familiare sono divertenti e convincenti, a partire da Antonio Gerardi, passando per Grazia Schiavo e Nunzia Schiano fino ad arrivare ad Adriano Pappalardo a modo loro, tutti capaci di strappare almeno un accenno di sorriso.
In sostanza non funziona nulla di quello che dovrebbe funzionare ma, alla fine non si capisce neanche esattamente cosa ci sia che non vada, l’unica sensazione che rimane, al termine della visione, è uno stato di disagio e insofferenza (solo) apparentemente inspiegabili.
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