Regia di Brunello Rondi vedi scheda film
Rondi, dopo l'apprezzabile esperienza di co-regia con Heusch (Una vita violenta, da Pasolini) dell'anno precedente, siede da solo per la prima volta dietro la macchina da presa e realizza un film impegnativo e dalle tinte cupe; in tal senso va elogiata la fotografia di Carlo Bellero, che dipinge un ritratto fosco e 'maledetto' delle zone rurali del centrosud italiano. Bella ed espressiva la protagonista, Daliah Lavi, attorno alla quale troviamo un cast privo di nomi di punta, capaci di un certo richiamo: forse anche per questo Il demonio è passato quasi inosservato, pur non essendo affatto un brutto lavoro. Rondi scrive anche la sceneggiatura insieme a Luciano Martino (anche produttore, nonchè sceneggiatore del fratello Sergio, nome di culto nel trash anni '80) ed Ugo Guerra, proprio mentre un'altra sua (co-)sceneggiatura, tale 8 e 1/2, sta vedendo la luce nelle mani di Fellini. E, se la differenza fra i collaboratori è palese (là lavorava con Flaiano e Pinelli), comunque non si può nè deve sottovalutare questo inquietante quadro sociale che indaga, in forma di fiction, sul ruolo ancora vivo e forte della superstizione in molti paesi del nostro entroterra. 6/10.
In un paesino del centro sud una ragazza è incolpata delle locali disgrazie: si sparge così in giro la voce che sia indemoniata. Nemmeno gli esorcismi sembrano avere effetto su di lei, finchè arriva un uomo che pare non tener conto della cosa ed amarla veramente. Salvo poi ucciderla.
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