La morte di un padre, da tempo solo ed in disparte, richiama alla villa natia i quattro figli, tre maschi ed una femmina, ognuno impegnato come può a vivere o sopravvivere nonostante i disagi ed i problemi che li assillano.
Un incipit della memoria, e un io narrante che pare una giovane narratrice di favole, ci rappresenta un mondo dell'infanzia di quei quattro fratelli caratterizzato da timori e paure che si focalizzano in un episodio in particolare, sfociato in uno scoppio di fucile dopo l'irruzione accidentale di un grosso cinghiale nella villa.
ma ognuno dei quattro ha sempre cercato, sia da testimone, sia da persona comunque coinvolta in quei fatti, di rimuovere ogni ricordo legato a quell'evento.
Intanto tra i fratelli si pone il problema di spartirsi l'eredità. E proprio da qui nascono i problemi veri, o comunque quelli che si aggiungono al latente mal di vivere che regola le quattro esistenze di quegli infelici.
Quattro vite, quattro sciagure: un artista fallito (Pietro Sermonti), un impiegato sottomesso da moglie e figlia viziate e nullafacenti (Paolo Pierobon), un venditore di macchine di lusso indebitato (Filippo Nigro), ed una ex tossica che paga una prostituta incinta affinché le affidi il bimbo che le sta crescendo in pancia (Laura Chiatti).
Alla sua seconda prova da regista in un lungometraggio, dopo A Tor Bella Monaca non piove mai (2019), Marco Bocci ha il pregio di raccontare con una coraggiosa risolutezza una storia nera di segreti familiari celati nella mente, in cui nessuno risulta in grado di salvarsi, e non solo per quanto riguarda una accezione fisico-materiale.
Tutti i personaggi coinvolti nella drammatica favole nera di Bocci sono dei delinquenti, o dei poco di buono, o comunque alla meglio inaffidabili.
E tutti coltivano un rancore dentro se stessi che li rende come delle belve non certo dissimili a quelle che i ricordi d'infanzia facevano risalire alle battute di caccia con lo spigoloso ed intransigente genitore ora venuto a mancare.
Ed è proprio l'atmosfera cupa e quasi da favola macabra che predomina nel film, e che visivamente viene esplicitata attraverso una fotografia sporca, buia e cupa che destabilizza ed inquieta, il particolare più azzeccato di un film dalla sceneggiatura a tratti un po' lambiccata ed inverosimile, per non dire grottesca, che tuttavia viene in qualche modo salvata dalla forma, oltre che dall'intransigenza a non voler salvare proprio nessuno.
I quattro protagonisti sono interpretati con molta partecipazione dai quattro bravissimi professionisti sopra menzionati, tutti azzeccati per quanto forse non troppo credibili fisicamente come fratelli, ma che Marco Bocci, che si ritaglia anche un breve ruolo d'attore nei panni di un poco di buono violento e permaloso0, riesce a trasformare in mostri alla deriva, sfiduciati e travolti da una vita che, per un crudele scherzo del destino, li ha fatti nascere nel posto sbagliato, e presso la famiglia più infelice che si possa concepire.
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