Regia di Giuseppe Bennati vedi scheda film
Nove persone sono riunite in un teatro, di proprietà di uno di loro. Questi, Patrick Davenant, è il ricchissimo erede di una famiglia sterminata esattamente cento anni prima in quel preciso luogo. Rimasto bloccato dentro al teatro, il gruppetto si vede sfoltito pian piano da un omicidio per volta.
Giuseppe Bennati ha diretto una manciata di titoli nel corso di una carriera ultraventennale, della quale questo L'assassino ha riservato nove poltrone è l'ultimo capitolo; un percorso fatto principalmente di commedie e (anche quantitativamente) non abituale, nè dedito al cinema 'di genere' e neppure smaccatamente autoriale. Questa pellicola è evidentemente figlia dell'epoca in cui viene alla luce: un thriller argentiano con ecatombe di protagonisti e vaghi inserti pseudo-horrorifici; la sua forza sono innanzitutto i volti di modesto/buon richiamo, da Chris Avram a Janet Agren, da Paola Senatore a Rosanna Schiaffino, da Howard Ross a Lucretia Love. La sceneggiatura di Bennati, Paolo Levi e Biagio Proietti non è certo un capolavoro di originalità, ma sfrutta i canoni del filone in voga in quel momento con sufficiente mestiere per non far sembrare tutto risaputo nè in corso d'opera, nè tantomento dal primo minuto del film, come spesso accadeva nei prodottini e sottoprodottini contemporanei. Ciò basta per 'lasciarsi guardare'; di più la pellicola d'altronde non fa: la tensione è gestita così così e le scene madri, pur non tirate via, non risultano granchè incisive (sangue e nudità non mancano, ma anche questi somministrati in dose limitata). Fondamentalmente un'ennesima rivisitazione dei Dieci piccoli indiani di Agatha Christie; piacevoli le musiche, sono di Carlo Savina. 3,5/10.
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