Regia di Baz Luhrmann vedi scheda film
E se ad uccidere Elvis Presley non fosse stato un infarto? E se ad uccidere la più grande icona del rock'n'roll fosse stato un uomo? Quanto le azioni del manager Tom Parker hanno influito sul tragico destino di uno degli uomini di musica più amati e controversi di sempre?
A raccontarci una delle versioni, attraverso il punto di vista proprio di quel. L’ultima pellicola di Baz Luhrmann che arriva a distanza di quasi dieci anni dal suo lavoro precedente (The Great Gatsby), ripercorre tre decenni di vita ma soprattutto della carriera di Elvis, utilizzando il racconto dell’uomo che lo scoprì e che lo portò al suo enorme successo ma che, secondo alcuni, fu anche la causa del suo declino inesorabile.
Il Colonello Tom Parker, interpretato da Tom Hanks, dal passato non proprio limpido e dalle azioni truffaldine è stato il manager dell’artista da sempre e per sempre, segnando con le sue scelte, in parte, anche la carriera dello stesso Presley.
Partendo proprio dal racconto di una terza persona, che non è il protagonista primario (forse), così come accade con The Great Gatsby, dove il racconto è portato dalla voce di Nick Carraway, anche qui il narratore non è il principale protagonista e proprio come Gatsby, anche Elvis non compare subito sullo schermo, ma viene mostrato di spalle, si lascia intendere sia lui, ma solo dopo alcuni minuti ci viene mostrato.
Non sono solo queste le assonanze che rimandano alle altre pellicole di Luhrmann che in questa sua ultima opera sembrano convogliare in una forma più matura, meno pomposa e più composta. Anche l’incipit che non può non ricordare Romeo + Juliet o alcune ballate che rimandano liberamente a Moulin Rouge!, pur non possedendo mai la stessa intimità. Ecco perché la visione di Elvis diventa fin da subito familiare, proprio per il ricordo piacevole dei suoi predecessori.
Ma Elvis non è solo questo, non è solo un richiamo alle opere note di Baz Luhrmann ma è anche una storia coraggiosa come può esserlo una qualunque opera che si prende il compito di raccontare il periodo più intenso della vita di un artista, attraverso una biografia capace di coinvolgere, interessare e (quasi) mai annoiare, se consideriamo la sua cospicua durata (159 minuti).
Oltre ogni cosa Elvis è senza dubbio Austin Butler. L’interpretazione immensa di questo giovane attore alla sua prima prova da protagonista assoluto, riesce a mettere in luce anche il camaleontico Tom Hanks. Il suo modo di soffermarsi sugli aspetti più iconici del personaggio senza mai farlo diventare una caricatura, merita tutti i premi che si sta portando a casa in questi mesi.
Con questa pellicola Baz Luhrmann ci mostra quanto sia maturato il suo cinema, anche se mai orfano delle fastose situazioni con cui impreziosisce le sue pellicole in questo film Luhrmann è stato perfino capace di creare il giusto contesto in cui inserire quell’eccesso di colore che sembra ormai diventata la sua firma. Un film completo e ben strutturato che solo guardandolo si capisce perché possa essere piaciuto finanche all’Academy.
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