Regia di Danièle Thompson vedi scheda film
Colorata, festosa, frizzante nei dialoghi e nel ritmo, ecco una commedia che sarebbe piaciuta a Claude Sautet. Parla - con leggerezza e umorismo - delle “cose semplici” della vita, di illusioni e di morte, di malattie del fisico e di disagi psicologici. Una famiglia borghese come tante, di tradizione musicale, molte sorelle e pochi uomini, perché questo è un film di donne diretto da una donna che scrive copioni da quarant’anni e che qui esordisce dietro la macchina da presa divertendosi a smontare il “giocattolo Natale” con battute velenose («In fondo è solo il compleanno di un piccolo ebreo arrivista»: detta, perdipiù, da un conterraneo), tacchini esagerati (la ricetta è sui titoli di coda), e una “depressione ostile” che costringe Emmanuelle Béart a servirsi di maniere antipatiche, Sabine Azéma a cantare in russo, Françoise Fabian a mostrare con orgoglio le rughe e Charlotte Gainsbourg a esprimersi come un hooligan («Scopava come un calciatore: diritto in porta e senza mani»). Attrici bravissime tra cui non sfigura il giovane Thompson, figlio (nella vita) della regista e co-autore dello script; e (nella finzione) di una storia d’amore vissuta in divertita clandestinità.
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