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Brother

Regia di Takeshi Kitano vedi scheda film

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Paul Hackett

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La recensione su Brother

di Paul Hackett
8 stelle

Uno spietato assassino della Yakuza si trasferisce in America e decide di ritagliarsi, con metodi abbastanza sbrigativi, un suo spazio nel mondo della mala losangelina: è abbastanza superfluo prevedere che il sangue scorrerà a fiumi. Prima di esaminare "Brother", consentitemi una breve digressione a titolo personale: visionare una pellicola di Kitano mentre in contemporanea si cerca di ninnare una bimba di due mesi renitente alla nanna e dotata di una portentosa ugola di chiaro timbro da mezzosoprano è una formidabile esperienza di tipo psichedelico che consiglio a tutti di provare almeno una volta nella vita ma che, sfortunatamente, non è esattamente il metodo più congruo per analizzare un film. In ogni caso, per quello che ho potuto percepire, tra un dolce ruttino post-prandiale e un acuto che manco Robert Plant ai tempi belli ha osato toccare, "Brother" è il classico noir di (e alla) Takeshi Kitano, con tutti i pregi e i difetti del cinema dell'irresistibile regista/attore giapponese: nichilismo quasi masochista, ultraviolenza (tanta, tantissima, anche troppa), beffardo e cinico umorismo... tutto riversato a fiotti su una tramina davvero esilissima che serve solo come canovaccio per tenere insieme una serie infinita di spietati ammazzamenti. Qualcuno (soprattutto il non iniziato al culto di Kitano) potrebbe non gradire, ma, pur con tutti suoi limiti, "Brother" è una vera festa per qualsiasi appassionato del regista giapponese, per l'ennesima volta impagabile nella parte del silenzioso protagonista, con la sua buffissima camminata, con la sua maschera impassibile ma increspata da un quasi impercettibile tic nervoso all'occhio, con la sua disperata solitudine eppure squarciata dalla pungente consapevolezza, sottolineata da un riso sardonico, che la vita non è poi in fondo niente di veramente serio, visto che tanto, prima o poi, moriremo comunque tutti. In definitiva un buon Kitano noir, quattro stelle piene, anche se il vero ed indimenticabile capolavoro del regista giapponese è altrove, nei delicati sentimenti e  nell'umorismo surreale dello splendido "L'estate di Kikujiro".

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