Regia di Takeshi Kitano vedi scheda film
e' vero: Kitano ha fatto di meglio, qui la sua regia e' un po' dispersiva, l'inizio macchinoso, la vicenda non ha l'essenzialita' di SONATINE, le inquadrature non sempre hanno l'asciuttezza di HANA-BI, e per giunta il suo personaggio parla piu' del solito (e in un'occasione addirittura urla!!!). Ma e' sempre utile e piacevole vedere un film di Takeshi Kitano. Qui, ci offre uno sguardo disincantato sugli States, dove domina la stessa concezione della criminalita' del Giappone, la stessa violenza fulminante, gli stessi rapporti inquinati tra le persone; questa volta pero' di gang ce ne sono tante, tutte feroci, e rispetto agli altri film emerge maggiormente il senso di lealta' estrema, che porta al suicidio e al harakiri, come per sottolineare che ogni comportamento, dal piu' nobile e idealistico al piu' basso e perverso e' contrassegnato da una morte sanguinosa e violenta. Kitano lavora come sempre di sottrazione (qui forse un po' troppo...) e di anticipazione (spara prima degli altri, prima di un qualsiasi pretesto, perche' prevede cosa accadra' nelle prossime "mosse"), e questa volta, approfittando della trasferta nel nuovo mondo, rivisita gli anti-eroi dei noir americani secondo la mentalita' giapponese, in bilico tra samurai e (post)modernita'. Il suo personaggio, una volta di piu', sembra invincibile, ma il suo destino non e' tanto diverso da quello dei suoi deboli scagnozzi
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