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Brother

Regia di Takeshi Kitano vedi scheda film

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Dying Theatre

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La recensione su Brother

di Dying Theatre
4 stelle

E' la storia d'un giapponese che fa fuori un sacco di gente. Ma tanta. Si, insomma, ne ammazza parecchi, ecco, ma proprio tantissimi.. e poi.. ehm.. e poi? Nulla. In effetti non succede davvero nient'altro. E quel poco che succede è reso con un registro visivo piatto, retorico ed incerto. Nessun lirismo, nessuna poetica riconoscibile, nessun gioco metaforico, nessun simbolismo, nessun virtuosismo registico, nessuna emozione. E' carne trita andata a male nel banco frigo. E' cinema facile facile, di cassetta, molto simile a quelle produzioni televisive anni '80 intitolate 'Delta Force Commando' o 'American Ninja'. Al grand guignòl più protratto e compiaciuto (e, va detto, neanche ben realizzato dal punto di vista del make-up.. il sangue sembra chili con carne e le dita mozzate sono meno realistiche dei gadget di carnevale per le feste in maschera) non si aggiunge praticamente altro. I pochissimi richiami alla cultura orientale sono fastidiosi dejavù trattati con sufficienza ed approssimazione, insipidi clichè da cartolina turistica (non a caso Enrico Magrelli, che di queste operazioni è sempre stato grande sostenitore, parla di "Samurai moderni con tatuaggi larghi quanto un tappeto" e "hara-kiri al sakè".. mancano solo il sushi ed il karaoke e poi il depliànt è completo.. ma agli ultimi due ci ha già pensato la Coppola). Che gli attori nipponici non brillassero, poi, per doti istrioniche ed espressività era cosa nota, ma l'interpretazione da stoccafisso di Kitano qui sfiora realmente il rigor mortis.. ovviamente la critica egemone si spella le mani e parla di "sommessa tragicità", "disperazione trattenuta" e movenze quasi "chapiniane" (!) Sarebbe ora che l'occidente si decidesse a smascherare questo grande bluff chiamato Kitano, che in patria presenta 'la corrida' e in occidente fa man bassa di premi ai Festival più snob e miopi. Mille volte meglio i lucidissimi, simbolici, allucinati, ironici e disperatissimi massacri firmati Takashi Miike, allora, se non fosse che i soloni della critica amante dell'autorialità 'da esportazione' tendono a liquidarli come poco più che pornografia. C'era chi diceva lo stesso di un certo Pasolini.. tant'è. Che Kitano faccia pure ammenda e, se crede, un "hara-kiri al sakè" in compagnia di Magrelli. E che entrambi rivedano, bontà loro, lo splendido, misconosciuto ed intellettualmente onestissimo "Yakuza" di Sidney Pollack.

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