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Monta in sella!! Figlio di...

Regia di Tonino Ricci vedi scheda film

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La recensione su Monta in sella!! Figlio di...

di giurista81
4 stelle

Primo western scritto e diretto da Tonino Ricci, dopo le esperienze maturate in qualità di aiuto regista in spaghetti western diretti da Romolo Guerrieri, Paolo Bianchini e Marcello Ciorciolini, oltre che in qualità di sceneggiatore di Per una Bara Piena di Dollari di Demofilo Fidani. Monta in Sella! è uno dei tre film diretti dal regista nel 1972 ed è preceduto da Il Dito nella Piaga (anch'esso sceneggiato dal regista). Ricci, qua alle prime esperienze da regista, parte dalle piccole produzioni e, pur dimostrando una certa qualità tecnica nella scelta delle inquadrature e nell'imprimere i giusti ritmi, non riuscirà mai a fare il grande salto nel cinema bis. Spesso associato ai registi italiani di serie z, si specializzerà in modo più che dignitoso nel cinema avventuroso, inserendosi - grazie a Lucio Fulci che lo avrà come regista della seconda unità in Zanna Bianca (1973) - nel sottofilone dei film ambientati in Alaska con cani e ragazzini costretti a difendersi dal male dell'uomo. Operazioni alternate, all'inizio degli anni ottanta, a tentativi di approdo al fantascientifico di matrice post-atomica, salvo ritornare, negli anni novanta, a ulteriori epigoni di matrice jacklondiana. Tra i suoi film più riusciti ricordiamo il discreto ma sottovalutatissimo sci-fi horror Bakterion (1982), probabilmente il suo miglior film, l'avventuroso Uragano sulle Bermude (1979) ispirato dai successi di René Cardona jr e il tentativo di lancio di Andrea Balestri (il pinocchio di Comencini) nel western a trazione infantile Kid il Monello del West (1973).

Ricci sembra credere nel progetto Monta in Sella! tanto da lasciarsi coinvolgere nella produzione. È lui stesso a sganciare i soldi senza andare troppo in giro a chiedere. Il soggetto porta la firma di Jesus R. Folgar, produttore esecutivo dell'operazione e coinvolto con ruoli, di solito manageriali, in prodotti di culto del cinema di genere quali Altrimenti ci Arrabbiamo (1974) e Il Cacciatore di Squali (1979). La firma sul prodotto è dovuta, probabilmente, a ragioni di carattere produttivo, mentre è molto più concreto l'apporto in scrittura di Fabrizio Diotallevi che, reduce da medesimi ruoli nel noir Il Caso di Venere Privata (1970) di Yves Boisset e nei western Una Pistola per Cento Croci (1971) di Carlo Croccolo, Il Giorno del Giudizio (1971) di Mario Gariazzo e Sartana nella Valle degli Avvoltoio (1970) di Roberto Mauri, supporta Ricci anche nel ruolo di aiuto regista.

Il risultato finale è superiore alle scarse attese, nonostante una sceneggiatura che dir ingenua è fare un complimento agli autori. Ricci introduce massicce dosi di ironia senza piegare a quel demenziale che avrebbe dilagato nel giro di qualche mese. Ha per le mani due ottimi attori: il “decaduto” Mark Damon, già ammirato protagonista in western firmati anche da Sergio Corbucci, e soprattutto la sensuale Rosalba Neri, che qua da ampio sfoggio delle sue doti ammaliatrici. I due, già insieme nel valido Johnny Yuma (1966) di Romolo Guerrieri, sono una garanzia e consentono a Ricci di giocare con gli attori.

Il plot propone due distinte coppie di truffatori coalizzate da un solitario cieco messicano (che in realtà finge per motivi oscuri l'handicap) vagante nelle lande polverose del west, ma in grado di orientarsi così bene da trovare una catapecchia in cui i fratelli Madison vanno a rifugiarsi. Minaccia oltremodo di sparare a chi non si allinei ai suoi propositi, perché riesce a orientarsi nella mira in base al respiro dei rivali (!?). Nessuno si interroga su come tutto questo possa esser possibile, evidentemente sembra normale trovare un cieco che si orienta da solo in mezzo al deserto. Questo messicano, interpretato in modo non troppo convincente da Luis Marin, assolda il quartetto per andare a recuperare un tesoro incommensurabile che si trova custodito in un forziere nel quartiere generale del Generale El Supremo. Quartiere generale difeso da uno stuolo di soldati messicani. El Supremo, cui da corpo il modesto Giancarlo Badessi (lavorerà comunque con Tinto Brass, Alberto Sordi e Giuliano Montaldo), è un generale messicano che ricorda Umberto Smaila, sia nel fisico che nei modi similar Colpo Grosso. Caciarone e facilone, si diletta a giocare a poker con quattro sconosciuti, facendosi abbindolare dalla prima sgualdrina di turno che gli sottrae la chiave del forziere, dopo avergli promesso una notte di fuoco. Per trovare la chiave non c'è certo da ammattire. El Supremo la mostra a tutti fiero, tenendola al collo come un crocifisso. I “nostri”, chiaramente, riusciranno nell'operazione, grazie alle conoscenze pirotecniche del personaggio interpretato dal bravo Alfredo Mayo, che qualche anno dopo interpreterà anche lui un generale matto chiamato El Supremo nel film Campa Carogna... La Taglia Cresce (1973) di Rosati. C'è però un ma, in quanto il messicano cieco, dopo aver condotto il quartetto per dei cunicoli sotterranei che sfociano in pieno deserto, svela le carte del suo gioco e sottrae l'intero bottino aiutato dai peone che sono celati dietro le rocce. I soldi servono alla rivoluzione e tanti saluti.

Molte ingenuità (tra cui due rapine eseguite sotto gli occhi dello sceriffo che puntualmente arresta i colpevoli) e un taglio eccessivamente farsesco (i piccioni viaggiatori che innescano le esplosioni sui tetti) che cozzano con una regia attenta e curata. Ricci esalta le location esterne, ricorrendo a una lunga serie di campi lunghi e lunghissimi, tra fiumi da guadare, serpentelli d'acqua in cui fa scomparire le tracce. Gira con perizia all'interno di luoghi chiusi, inserendo soggettive e semi-soggettive, tra scalinate e angoli retti, dove si spara e si salta in aria a colpi di cannone. Gli interni oscuri esaltano la fotografia di Cecilio Paniagua (apprezzato e premiato direttore della fotografia in Spagna) che non riesce invece a incidere nelle sequenze esterne in notturna, dove si limita a introdurre un filtro che scurisce registrazioni palesemente giornaliere.

Il ritmo è cadenzato dalla simpaticissima e variegata colonna sonora di Luis Bacalov con una main theme cantata che ricorda gli Oliver Onions.

Alla fine, se piacciono i western con elementi comici, è un film vedibile, penalizzato da un copione banalissimo e colmo di ingenuità che rendono inverosimile la storia. Da un punto di vista tecnico, però, è un promettente approdo di Ricci a un western virato al tortilla. Ignorato da molti, non godrà di passaggi televisivi, incassando al cinema poco più di 20 milioni di lire.

 

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