Regia di Ingmar Bergman vedi scheda film
Il miracolo entra a far parte dell'immaginario (mitologia?) bergmaniano. La fontana della vergine è la prova dell'esistenza divina, ma non ci si illuda: è solo un fuoco di paglia, il glaciale misantropo pessimista che vive nel regista porterà a termine negli anni immediatamente seguenti la sofisticata ed angosciante trilogia del silenzio di Dio (Come in uno specchio, Il silenzio, Luci d'inverno). Eppure qui il perdono divino esiste, quindi con esso l'entità suprema; il segnale finale è inequivocabile e, per una volta, Bergman ci regala la sorpresa di una chiusura (pur non lieta, ma) concretamente rassicurante - finora solitamente si concedeva l'ombra della speranza, una qualche vaga prospettiva futura. Oltre a ciò c'è il solito grandissimo Von Sydow, dalla mimica facciale superba (e inimitabile nella scena del triplice omicidio) ed una storia scritta a mo' di fiaba, che ricalca anche i toni della Bibbia e delle leggende medievali: genitori e figli, vergini e ladroni, bambini innocenti e adulti peccatori, etc. Pochi personaggi, decisamente semplici, dialoghi sostanziali ed efficaci, l'azione essenziale allo svolgimento della trama: Bergman è saldissimo in sceneggiatura ed in regia. E, ancora una volta, un lavoro ottimo.
Una vergine attraversa il bosco a cavallo, sta andando a messa. Due ladroni, con un bambino, la aggrediscono, la stuprano e la uccidono. Poi, girovagando, finiscono a chiedere riparo per la notte proprio in casa dei genitori della ragazza. Il padre scopre l'assassinio e, nottetempo, penetra nella loro stanza e li uccide tutti e tre, compreso l'innocente bambino. Poi corre nel bosco a cercare il cadavere, sul quale chiede perdono a Dio per il triplice omicidio commesso e promette di edificare una chiesa in suo onore. Appena rimosso il cadavere, una fonte naturale si forma al suo posto.
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